Falsità ideologica in atti pubblici commessa da pubblico ufficiale e turbativa nel procedimento di scelta del contraente. Sono i reati per cui il pubblico ministero di Padova Benedetto Roberti  ha chiesto il rinvio a giudizio per il microbiologo Roberto Rigoli e per l’ex direttore generale di Azienda Zero Patrizia Simionato.

La vicenda ruota attorno ai   tamponi rapidi , sperimentati tra la prima e la seconda ondata della pandemia da Covid-19, da Azienda zero. Secondo la magistratura padovana sarebbe stato alterato il procedimento amministrativo di affidamento diretto, gestito da Azienda Zero, alla società Abbott Srl di Milano, per una fornitura di 480 mila test rapidi, avvenuta in due tranche nell’agosto e nel settembre 2020, per un importo totale di 2.160.000 euro. Il professor Roberto Rigoli è così imputato anche di depistaggio, per aver fornito agli investigatori “documentazione fasulla” sulla validità dei test, che altri suoi colleghi invece definivano poco attendibili. Per questo nei mesi scorsi si sono aperte aspre polemiche tra professionisti del settore. Non si può però non ricordare ad esempio come la posizione di Rigoli sia stata in totale contrapposizione con quella del collega microbiologo, il professor Andrea Crisanti che per aver messo in dubbio la validità dei test antigenici difesi invece da Rigoli e in particolare anche dalla Regione, in primis il Presidente Luca Zaia, è stato attaccato duramente.

La vicenda giudiziaria, come si ricorderà, ebbe origine proprio da un esposto di  Andrea Crisanti,  che mise in dubbio la precisione dei test rapidi antigenici per Covid- 19 dell’azienda Abbot, ricordando che la stessa produttrice del test avvertiva che il margine di errore che poteva arrivare al 30%.

Zaia: “Massima fiducia nella giustizia”

Il presidente della Regione Veneto ha commentato: “Piena fiducia nell’operato della magistratura per cui ho il massimo rispetto. Spero solo venga fatta chiarezza il prima possibile perché il dottor Rigoli non merita una gogna, lo conosco da 30 anni e avrà modo di dimostrare tutto quello che sa sulla vicenda. Ricordo – conclude Zaia – che i tamponi oggetto dello scandalo sono stati usati non solo in Italia ma anche in tutto il resto del mondo”.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia