È una sala consiliare gremita quella che lunedì scorso ha accolto il noto virologo Andrea Crisanti, arrivato a Velo d’Astico in veste politica in vista delle primarie indette dal Partito Democratico chiamato a scegliere il nuovo segretario.
Il neo senatore, dopo un intervento nel pomeriggio ad Asiago, è stato infatti ospite del locale circolo dem dove, oltre a perorare la causa di Elly Schlein al timone del più grande partito d’opposizione, non si è voluto sottrarre ai numerosi quesiti arrivati anche dalla platea.
Dalla situazione dei medici di base, al boom delle strutture sanitarie private “che inevitabilmente badano al profitto rispedendo agli ospedali i casi problematici in un’ottica dove si vive più e meglio solo se hai soldi”, alla difficoltà per le aziende di trovare manodopera, Crisanti ha tracciato un’idea di politica meno gridata e più concreta dove la competenza non può che farla da padrone: “I primi mesi a Roma dopo l’elezione” – racconta il professore che vanta un’esperienza consolidata anche in Inghilterra dove è rimasto per lunghi anni – “sono stati piuttosto impegnativi. C’è chi vota i provvedimenti senza nemmeno averli letti, personalmente io cerco di studiarmeli e di approfondire. L’idea che si possa fare politica senza competenza è profondamente sbagliata oltre che poco rispettosa: in molti altri paesi ci sono degli uffici tecnici e scientifici a disposizione dei politici che possono così avere coscienza di ciò che saranno chiamati a votare. Speriamo di arrivarci anche qui”.
Inevitabile un accenno anche al travagliato rapporto col governatore Luca Zaia, a seguito del quale paradossalmente Crisanti ammette che la voglia di scendere in campo è aumentata quasi ‘per necessità’: “Dopo il caso zero a Vó” – ricorda il professore riferendosi al febbraio 2020 – “i contatti con la struttura regionale furono intensi sino a quando, tra maggio e giugno di quell’anno, Zaia decise di affrancarsi alla teoria proposta da alcuni che sosteneva che il virus fosse in buona misura morto. Di lì il punto di rottura: avremmo potuto prepararci meglio evitando tanti problemi, invece la seconda ondata pandemica ha picchiato ancor più duro in Veneto. Ma si sapeva: purtroppo non si è fatto abbastanza”.
di Redazione AltoVicentinOnline