Ha ospitato oltre 500 richiedenti asilo in 3 anni, ma adesso lo storico albergo Belvedere di Tonezza del Cimone chiuderà i battenti. E per dire ‘addio’ ai profughi africani la titolare dell’hotel che a fine ‘800 ospitò lo scrittore Antonio Fogazzaro, ha organizzato con loro una festa in perfetto stile ‘afro’ ed una partita di calcio tra i ragazzi ‘tonezzani’ gestiti dalla cooperativa ‘Con Te’ di Quinto Vicentino e quelli della cooperativa vicentina ‘Mani in pasta’, arrivati in pullman.
Dal 31 luglio infatti con la fine dell’attuale gestione se ne andranno dal territorio comunale anche quegli ultimi richiedenti asilo che dal giugno 2015 sono stati protagonisti della cronaca locale tra alzate di scudi dei comitati, timori dei residenti e ostilità dei commercianti, che li vedevamo come un pericolo pubblico e una mina per il già scarno turismo locale.
‘Non posso fare altrimenti – ha spiegato la titolare dell’albergo Stefania Casarotto – ci è stato aumentato l’affitto a 10 mila euro e purtroppo l’introito che ci deriva dall’ospitare gli attuali 40 richiedenti asilo non copre le spese. Sono amareggiata, ma dobbiamo poter vivere’.
Dal giugno 2015, quando l’affitto era meno di un terzo di quello richiesto adesso, ha detto Franca Cogo, madre della titolare, abbiamo ospitato 500 ragazzi diversi, in particolare dalla Nigeria, dal Ghana, dal Mali, dalla Costa d’Avorio. Alcuni non erano in grado nemmeno di tenere il coltello in mano, quasi tutti erano analfabeti. Da allora abbiamo insegnato loro tanto, ma abbiamo ricevuto in cambio un carico umano indescrivibile. Io personalmente non ero pronta a questa cosa incredibile che è la vita africana. Tanti se ne sono andati via da qua piangendo’.
Sarà anche l’effetto Salvini’ ma è un dato di fatto un calo generale degli arrivi, tanto che, da 80 richiedenti asilo che poteva ospitare l’albergo, la cooperativa ne ha lasciati in gestione al Belvedere solo 40. Troppo pochi per far fronte alle spese di gestione della struttura. E adesso la cooperativa li sposterà in altri centri di accoglienza o in appartamenti, soprattutto nelle zone di Schio e Thiene.
‘So che la gente li ha sempre mal sopportati – ha raccontato ancora Franca – ma loro non hanno mai fatto del male a nessuno, né in albergo, né in paese. Nessuno può ricordare un episodio di violenza verso gli abitanti di Tonezza, perché non c’è stato. Non hanno mai rubato, non sono mai stati aggressivi, nè invadenti. Se anche mi sfioravano il braccio per errore si scusavano non so quante volte dicendomi: ‘Sorry Mamma, sorry’. Anche Patty, la giovane cameriera ghanese in Italia dall’età di 5 anni, che aiutava in albergo, ha confermato che anche con lei erano tutti rispettosi, e che la trattavano ‘come una sorellina’.
Su 500 ragazzi, quasi tutti giovani sotto i 30 anni, che sono stati ospitati al Belvedere, circa 50 hanno ottenuto il permesso di soggiorno, si sono sistemati, hanno trovato lavoro, molti adesso sono sposati. ‘Nessuno con una italiana, però’ – ha puntualizzato Franca. Molti invece sono letteralmente scomparsi, una volta che escono dal controllo della cooperativa perché legalmente non possono più avere lo status di richiedenti asilo, non si sa dove vadano, non so se trovano un lavoro o una casa. Tanti di questi che sono stati in albergo li ho intravisti per strada, a Vicenza. Questo è il vero dramma’.
Al di là del campo da calcio, in centro paese, molti tonezzani, in particolare i commercianti, tirano un sospiro di sollievo. ‘Sono contenta che se ne vadano – ha detto la signora Denia, titolare del bar centrale ‘La Piazzetta’, uno dei pochi che ha resistito alla crisi inesorabile degli esercizi pubblici di Tonezza – perché spero che il turismo del paese possa riprendersi un poco. Da quando sono arrivati i richiedenti asilo certi turisti non sono più venuti, me lo hanno detto chiaramente. E se anche per alcuni la presenza dei profughi non era di nessun rilievo, molti si sono lamentati perché sporcavano il piccolo parco giochi lasciando immondizia, o peggio. E io non mi sentivo certo sicura ad andare in giro la sera tardi, con solo loro a camminare per le strade’.
Marta Boriero