Riceviamo e pubblichiamo integralmente
Elezioni senza comunità.
A Tonezza come in altri piccoli comuni sono in corso in questi giorni le passerelle elettorali di Sindaci già eletti. È uno spettacolo abbastanza svilente per la democrazia e per il futuro delle nostre montagne. Mi rivolgo in modo schietto ed onesto alla politica, al mio Sindaco, ai miei compaesani e tutti i cittadini dell’Alto Astico: sono io stesso tormentato dalle domande che vi pongo.
Ha senso incontrarci in assemblea per dirci che tutto va bene, per autocelebrarsi, come se fossimo all’interno di una campagna elettorale, quando sappiamo benissimo che c’è un solo candidato e, di fatto, una sola lista?
Non sarebbe stato più utile e più degno da parte di chi si candida invitare i propri cittadini qualche mese fa, per spiegare le proprie intenzioni e per dare voce ai bisogni di tutti, ai suggerimenti, alle domande, alle paure.
Credo che il senso di comunità sia l’ultimo patrimonio che ancora possiamo difendere, l’unico elemento che può ancora differenziare in meglio la qualità del vivere in montagna. È un paradosso che proprio noi
rinunciamo a parlare, a confrontarci, a guardare in faccia la realtà in nome di uno sterile meccanismo elettorale.
Ha senso chiamare civiche delle liste che in realtà sono liste di partito e che hanno solo il problema di non sapere più a quale partito appartenere, per colpa di Salvini e per colpa dei sondaggi?
Non sarebbe più utile chiedere fermamente alla politica regionale, che generosamente si scomoda a salire fin quassù per dirci qual è il Sindaco giusto, quali ricette ha in mente per la salvezza di questi territori enormemente fragili?
Cosa è stato fatto in decenni di governo? Ci avete insegnato voi che questa non è Roma, e noi abbiamo imparato a nostre spese che questa non è neanche Venezia. Come pensate di aiutare un territorio come questo? Un territorio in cui mettendo insieme i tre comuni più piccoli non si arriva a 900 abitanti?
Come cittadino mi sento escluso, come montanaro mi sento destinato a soccombere: non è una bella sensazione e non basta la benedizione di un consigliere regionale a lenire le mie preoccupazioni.
Ho avuto la sconfinata fortuna di avere tre figli e penso che il mio paese sia un buon posto dove farli crescere; ma quando sento il mio Sindaco parlare di inversione di tendenza, non so se ridere o piangere. Il cosiddetto inverno demografico, che è diventato emergenza nazionale, è iniziato quassù ormai cinquant’anni fa, ed è diventato negli anni vera e propria apocalisse demografica mai veramente dichiarata e affrontata dalla politica. È semplicemente assurdo far finta che il problema non esista!
Non perdiamo occasione per dirci preoccupati per l’emergenza climatica e l’unica idea di sviluppo che abbiamo in testa è il turismo della neve. Ogni sistema industriale persegue i propri scopi e i propri obiettivi:
possiamo discutere senza pregiudizi se serve veramente una nuova funivia o una seggiovia, ma sbandierare come promessa di futuro un progetto che è in realtà il tassello mancante del passato è un inganno che
facciamo alle future generazioni.
Negli anni ho visto imporsi una particolare idea di montagna: in questa visione le comunità locali sono mute in un angolo, non riescono ad esprimersi perché non sanno più di cosa hanno veramente bisogno e nessuno le ascolta perché la loro voce è di fatto irrilevante. Diventano così una specie di intruso nel loro stesso habitat, un corpo estraneo. In questa visione le amministrazioni comunali somigliano sempre più a delle specie di Pro loco che devono occuparsi di intrattenere un indefinito pubblico domenicale a colpi di mercatini e cibo tradizionale. E l’istruzione, il sociale, la sanità, l’agricoltura, il desiderio di impresa, la voglia di cambiare il mondo?
Se la montagna deve rinunciare a tutto questo, sarebbe più onesto dirlo chiaramente. Così, tra qualche anno anche i nostri figli, i figli degli antichi cimbri della montagna, verranno qui, salendo dalla pianura, a mangiare gli gnocchi e a prendere il fresco. La domanda è: chi affetterà la mortadella dei loro panini? Chi taglierà l’erba sui sentieri delle loro escursioni? A cosa serviranno i boschi meravigliosi, quelli che non sono diventati il parco giochi di nessuno?
Da cittadino mi appello ai candidati affinché cerchino sinceramente di dare ascolto a tutte le voci, affinché impostino il loro lavoro partendo dall’elenco dei problemi reali invece che dalla lista dei trionfi elettorali.
Chiedo che prendano per mano la comunità e in quest’ottica mi metto a disposizione, come cittadino, come artista, come montanaro.
Diego Dalla Via, drammaturgo e regista teatrale, già Sindaco di Tonezza del Cimone, da sempre osservatore attento delle dinamiche del territorio