Che sul Cengio si facesse palestra di roccia è ormai fatto noto di cui si ha traccia sin dagli anni Sessanta. Non sono mancati nemmeno i voli col deltaplano e più recentemente persino quelli ancor più estremi con la tuta alare.
Ma la nuova frontiera che fa rizzare i capelli in testa a chi vede il promontorio del Cengio come una zona sacra per i trascorsi storici che durante il Primo Conflitto bellico l’hanno resa celebre in tutto il territorio nazionale per la sanguinosa battaglia in cui perirono migliaia di giovani soldati a strenua difesa del territorio vicentino e quindi della pianura veneta, è lo slacklining, dall’inglese slack line ovvero corda molle.
E se qualche escursionista ha assistito quasi incredulo alla scena sobbalzando ad ogni passo e ad ogni caduta degli avventurosi sportivi – cadute fortunatamente in sicurezza – c’è chi come Andrea Gasparotto, amante della montagna e scalatore esperto si è goduto lo spettacolo immortalandolo con gli scatti concessi ad AltoVicentinOnline: “Ho parlato coi ragazzi, li ho visti preparati e consapevoli. Certo è una strana disciplina, forse direi più un passatempo che uno sport vero e proprio: sicuramente molto meno pericoloso di una via ferrata o di una scalata. Ad ogni modo qualcosa che non reca danno : una volta terminato, i ragazzi hanno smontato tutto senza lasciare traccia alcuna”.
E pensare che per paradosso chi pratica lo slackline, precisamente highline in caso di esercizio eseguito in quota, lo fa per cercare concentrazione ed equilibrio: si dice aiuti a focalizzare l’attenzione e scaricare la tensione. Provare per credere.
Marco Zorzi