E’ grande il dolore e lo smarrimento a Cogollo del Cengio per la morte improvvisa di Antonio Dal Castello, scomparso ieri all’età 76 anni dopo che un malore nelle ore subito precedenti aveva fatto insospettire i suoi cari.

Impossibile però immaginare il tragico epilogo che ha colto di sorpresa, oltre alla famiglia, un paese intero che lui amava visceralmente e che lo potrà abbracciare per l’ultima volta martedì 27 alle 15, giorno fissato per le esequie: da chi lo incontrava in sella al suo trattore intento a trasportare la legna appena tagliata, a chi lo vedeva nei campi impegnato a potare le viti, sino a chi ancora lo conosceva per quella sua passione smisurata per lo sport, ciclismo e calcio in particolare.

Quanti ragazzi sono passati nelle squadre del paese che negli anni hanno via via cambiato nome e intestazione societaria ma che per Toni sono sempre state solo il glorioso Taurus, con cui le identificava tutte incitandole con voce inconfondibile al grido “Forza torelli!”.

Persino domenica scorsa, nonostante temperature non propriamente miti, Toni aveva seguito la squadra dell’Alto Astico Cogollo nella trasferta veronese di Illasi col solito entusiasmo e l’orgoglio di sapere che i ‘suoi’ giocatori, dei quali conosceva persino le caratteristiche tecniche, erano secondi nel campionato di Prima Categoria.

E come dimenticare i suoi striscioni inneggianti il campione locale su due ruote Filippo Zana, o quelli preparati con l’aiuto della figlia Sara per l’ultimo passaggio del Giro d’Italia coi quali aveva decorato il paese o ancora il suo inseparabile trattore Fiat rosso usato per portare in trionfo tra le strade del paese le squadre che, in anni diversi, vincevano il loro girone.

Ma Toni era, ancor prima, un uomo di rara generosità e bontà d’animo: non di quelli che sono buoni in modo stucchevole, anzi, se doveva rimproverare qualcuno lo faceva con la schiettezza e l’onestà tipica della persona pulita che dice ciò che pensa senza giri di parole e senza fini diversi da quello dichiarato. Una uomo d’altri tempi, si direbbe, rispettato sin dagli anni della fabbrica, in Lanerossi a Piovene: bastava chiamarlo e lui accorreva, senza fare domande e senza mai nulla pretendere.

Difficile, ora, per quanti ne hanno incrociato il cammino, abituarsi a non sentire più quella voce squillante: che comunque riecheggerà ancora là dove i ricordi sono custoditi al riparo dai segni del tempo.

M.Z.

 

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