Ottantacinque euro lordi mensili. E nemmeno per tutti. Questo l’aumento salariale proposto dal Governo agli insegnanti italiani, dopo un blocco dell’adeguamento contrattuale di ben nove anni. Un obolo che i docenti, o quanto meno una parte di loro, ha deciso di non accettare, pretendendo almeno 200 euro netti. Questa, la richiesta formulata in una petizione pubblica, di cui dà notizia l’Anief.
Con la petizione si diffidano le organizzazioni sindacali rappresentative a sottoscrivere “un contratto che preveda un aumento medio di soli 85 euro lordi mensili nel triennio 2016/18, peraltro non per tutti e distribuiti in parte con un meccanismo premiale. Occorre trovare – si legge – risorse aggiuntive per un aumento di almeno 200 euro netti mensili, a invarianza di oneri contrattuali, per incrementare il potere d’acquisto delle nostre retribuzioni ferme ormai dal 2008, con una perdita netta di 135 euro netti mensili, calcolando solo il dato dovuto alla perdita dipotere d’acquisto. Nel caso della sottoscrizione del contratto, gli insegnanti iscritti, in segno di protesta, revocheranno la loro iscrizione ai sindacati firmatari”.
“I docenti si sono resi conto che la manfrina a cui stiamo assistendo da un anno – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – porterà loro tra i 30 ai 50 euro netti. Tra l’altro, in cambio di ulteriori oneri e responsabilità che rischiano di appesantire e burocratizzare ulteriormente il lavoro di insegnanti sempre più impegnati in attività a supporto della didattica, che andrebbero sovvenzionate a parte, perché aggiuntive alla professione, e non di certo inglobati in aumenti che vanno conferiti a prescindere”.
Sulla consistenza degli aumenti che il Governo vorrebbe fermare a 85 euro, l’Anief continua a nutrire perplessità: secondo i conteggi del sindacato servono 2,3 miliardi di euro per coprire l’intera cifra, utile ad assegnare l’incremento stipendiale a 1,1 milioni di docenti e Ata. Senza contare gli altri due milioni di dipendenti pubblici: “Poiché non risulta che la somma sia stata prevista con le precedenti leggi di bilancio, viene da sé che una parte consistente del personale scolastico si dovrà accontentare di una maggiorazione in busta paga ancora più ridotta”.
“Come Anief – continua il presidente – non ci stancheremo mai di rivendicare 105 euro di aumento utili a sopperire al 50 per cento del tasso di inflazione, attraverso il recupero di quell’indennità di vacanza contrattuale estorta alla categoria senza alcuna ragione, e altrettanti 105 euro per adottare un aumento equo rispetto allo stop quasi decennale durante il quale è stato pure cancellato per sempre un anno di progressione stipendiale, il 2012, assieme al primo gradone stipendiale recuperabile comunque attraverso apposito ricorso in tribunale. Ecco perché avevamo chiesto, in tempi non sospetti, l’indizione di un referendum specifico della categoria, attraverso cui i lavoratori della scuola avrebbero potuto esprimersi sull’entità dell’aumento e sull’iniziale soddisfazione delle organizzazioni sindacali per l’accordo di un anno fa a Palazzo Vidoni, salvo chiedere da pochi mesi risorse ulteriori solo perché hanno captato il malcontento della categoria”.