“Con l’approvazione delle linee guida degli atti aziendali la riforma del nostro sistema sociosanitario compie un passo importante: a tutti i cittadini del Veneto, in tutte le fasi della loro vita, vengono garantiti servizi e cure territoriali, secondo una organizzazione omogenea rispettosa delle diverse esigenze dei contesti geografici del Veneto”. L’assessore al sociale della Regione Veneto sottolinea con soddisfazione il via libera dato oggi dalla commissione Sanità del Consiglio veneto alle nuove linee guida che danno le coordinate di impostazione degli atti aziendali per le nove Aziende sanitarie del Veneto e i loro 26 distretti.

 

“Nelle linee guida – rimarca l’assessore – il territorio e la rete dei servizi sociali e sociosanitari rivestono una parte importante. Sono la chiave di volta del nuovo modello di cura, che vede una forte continuità tra ospedale, centro deputato alla cura dei casi acuti e delle emergenze, e una fitta rete di strutture e servizi territoriali di prevenzione, cura, assistenza domiciliare e assistenza integrata nel territorio. Abbiamo raggiunto questo risultato con lunghi mesi di ascolto e confronto serrato con le conferenze dei sindaci, con la commissione permanente e con tutti i commissari della Commissione, sia di maggioranza che di opposizione. Ricordo che i nuovi atti aziendali nasceranno secondo le indicazioni formulate dalle conferenze dei sindaci che, in modo unanime, indipendentemente dal colore politico delle amministrazioni, hanno concordato e sottoscritto un documento di indirizzo che ha stabilito i capisaldi della rete territoriale dei servizi, definendo ruolo, funzione e organizzazione dei 26 distretti sociosanitari del Veneto. Le nuove linee guida fanno sintesi di questo grande lavoro di ascolto dei sindaci, degli operatori, delle associazioni del terzo settore e dei rappresentanti dei territori”.

 

“Le nove aziende Ulss del Veneto dovranno quindi valorizzare e potenziare le loro unità distrettuali – spiega l’assessore  – secondo un modello organizzativo unitario che non dovrà consentire smagliature territoriali o punti di caduta. Abbiamo cercato di responsabilizzare la ‘macchina’ operativa, definendo con chiarezza e realismo chi fa che cosa, cioè funzioni, compiti e obiettivi, nonché chi risponde se qualcosa non funziona.  Il nuovo modello delle cure distrettuali si organizza in unità operative, secondo uno schema standard che deve garantire ovunque le cure primarie  (medicine di gruppo, copertura vaccinazioni e screening oncologici, assistenza domiciliare integrata, coordinamento dell’assistenza nelle strutture intermedie), l’attenzione a infanzia, adolescenza e famiglia (area materno infantile, tutela dei minori, disagi età evolutiva, consultori, mediazione familiare), l’assistenza a disabili e non autosufficienti (coordinamento dei servizi residenziali e diurni, progetto di vita individuale della persona disabile, integrazione lavorativa, inserimento scolastico, assistenza domiciliare, cronicità e demenze, coordinamento dell’inserimento in Rsa e nelle strutture intermedie). Anche il dipartimento per le dipendenze e la salute mentale, cioè i Sert i servizi psichiatrici, dovranno relazionarsi in  modo diretto con la rete dei distretti e dei servizi sociosanitari, garante il direttore sociale aziendale”.

 

“Con i nuovi atti aziendali prende quindi forma un nuovo sistema di cure, che sposta il suo baricentro verso il territorio, in modo di essere più vicino ai cittadini e alle amministrazioni municipali che sono le prime garanti del benessere delle persone e delle comunità – rimarca l’assessore – e lo stiamo facendo non tanto sulla carta, quanto calibrando in modo diverso risorse, piante organiche, architettura dei servizi”.

 

“I risparmi che la riforma delle Ulss produrrà grazie alla riduzione delle apicalità e alla riorganizzazione di alcuni servizi – evidenzia l’assessore – saranno così impegnati nel rafforzamento delle cure territoriali e, in particolare, nel potenziamento di alcune figure, come gli infermieri, gli operatori sociosanitari, gli assistenti sociali, gli psicologi e i tecnici della riabilitazione, che sono il perno di una efficace presa in carico dei pazienti nel territorio. Così il Veneto prova a cambiare davvero il sistema delle cure e dell’assistenza, riconvertendo il punto focale dall’ospedale al territorio. Perché al centro di questo modello ci devono essere le persone, là dove vivono, i bambini, le famiglie con problemi, gli anziani, i disabili, i malati cronici, quanti hanno bisogno di riferimenti costanti e continuativi per stare meglio. Ce lo impongono le sfide demografiche e sociali dell’invecchiamento e  della nuove fragilità giovanili e familiari”.

 

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