Calvene stamattina sembrava un anticipo della prossima adunata di Treviso del 14 Maggio. Tantissime, infatti, le penne nere con le loro bandiere e i gagliardetti a scortare l’amico Fortunato Missaggia, 67 anni, mancato giovedì notte dopo una malattia fulminante.
La salma, giunta dall’ospedale di Santorso all’abitazione venti minuti prima della liturgia esequiale, è stata portata in spalla dagli amici alpini, capitanati dal presidente della locale associazione, Isacco Dalla Costa, e dal consigliere della sezione di Vicenza, Romeo Zigliotto, entrambi visibilmente commossi e costernati come hanno confidato nei loro due interventi dopo il Rito di Comunione.
In piazza c’erano tutti: l’amministrazione comunale, la Protezione Civile in divisa, la Pro Loco e, all’interno dell’Arcipretale, l’altare si presentava come un giardino pasquale in tutti i sensi: tra le decine di composizioni floreali spiccava, ai piedi della bara illuminata dal cero, il cuore di Aurora, Perla, Matilde, Leonardo, Edoardo e Sidney, i suoi sei amati nipotini, il suo mondo, che nonno Fortunato, come ha raccontato Sandra prima dell’ultima benedizione finale, aveva ribattezzato ognuno con un soprannome: “Pinocchio, Attila, Peppa Pig, Terrorista, Garibaldi e Sissi”.
La chiesa dell’Annunciazione era gremita all’inverosimile fin sul sagrato da oltre mezzo migliaio di persone e a presiedere la solenne liturgia, assieme al parroco don Giancarlo Cantarello e a don Luciano Rizzetto, l’amico di famiglia don Marco Pozza. Nell’omelia il giovane cappellano del carcere di Padova, che ha scelto proprio il Vangelo di Giovanni 20,19-31 dell’Ottava di Pasqua di domani, ha ringraziato “Cioda” che da buon alpino ha insegnato a vivere a pane e amore e si è confidato: ‘Stanotte, viaggiando, ho fatto un gioco tra me e me. Ho tolto i dodici discepoli e ho messo tre discepole, le figlie Arianna, Sara e Sandra. Ho tirato via Maria, al suo posto ho messo la moglie Diana. Ho sostituito il cenacolo con quella casa che sta lì, appena prendi via Bordogni. Tutto torna, sembra scritta apposta: una famiglia, in questi mesi, s’è nascosta in casa per paura della malattia del papà. Potevano fare tante cose, hanno fatto come i discepoli: siccome si sono sentite come passeri dopo una sassaiola, invece di disperdersi hanno scelto di radunarsi, stringersi, proteggersi. Essere schivi non sempre è sinonimo di “fare i preziosi”: è questione di intimità, di affetto, di ritrosia, di tenere per sé gli attimi che contano’.
La commozione delle parole e dei canti, animati dal coro parrocchiale in sinergia con un gruppo di alpini, il suono del “silenzio” e la presenza così massiccia hanno causato anche qualche malore tra i presenti e, per un alpino, è stato necessario l’intervento di un’ambulanza giunta dal nosocomio “AltoVicentino”.
Al termine della liturgia, Fortunato è stato affidato alle tenere braccia della Madonna con le sublimi note di “Signora delle Cime” e con un ‘Ciao papà, buon viaggio, sono certa che un giorno ci ritroveremo tutti insieme tra le stelle’. Parole-certezze di Sandra, della gemella Sara e Arianna, le amate figlie, l’orgoglio dell’alpino Cioda.
Sandro Pozza