I progetti di vita e famiglia vengono sempre prima del lavoro.
E’ con questo spirito che la Brazzale di Zanè, storica azienda leader nella produzione lattiero casearia, ha deciso di premiare con un bonus bebè di 1.500 euro i suoi dipendenti che diventeranno genitori di figli naturali o adottati e non si ferma alla prima nascita. Una notizia che ha fatto il giro d’Italia e non solo e che è rimbalzata agli onori della cronaca per essere una lieta novella in un periodo difficile, dove si fatica a fare figli a causa della crisi, della mancanza di disponibilità economica e di incertezza per il futuro.
Ma è concepita come un’occasione dal presidente del gruppo, Roberto Brazzale, che ha voluto così far sentire l’azienda vicina ai suoi dipendenti (238 in Italia e 315 in Repubblica Ceca), che non solo non dovranno preoccuparsi di come avvisare il capo della maternità in arrivo, ma potranno gioirne insieme e fare un brindisi con prosecco e Gran Moravia.
Brazzale, è una bella idea per incentivare le nascite in un paese che sembra fare di tutto per ‘mortificare’ la procreazione.
“Con questa iniziativa desideriamo non soltanto aiutare lo sforzo economico dei neogenitori ma, soprattutto, far sentire che l’azienda è felice quando riescono a realizzare i loro progetti di vita, che devono sempre restare in primo piano ha spiegato Roberto Brazzale – Il messaggio che vogliano trasmettere ai nostri collaboratori è che siamo dalla loro parte, che l’azienda accoglie con entusiasmo le nuove nascite e dovrà sapersi organizzare e far carico di quanto necessario per garantire loro il più sereno utilizzo dei periodi di congedo parentale. Ci auguriamo che questo gesto sia utile e vogliamo far sentire loro la nostra vicinanza nella loro gioia di nuovi genitori”.
In tanti colloqui di lavoro la giovane età delle donne e la ‘minaccia’ di rimanere incinta e rimanere a casa in maternità gioca brutti scherzi e molti preferiscono assumere uomini. E’ un dato di fatto.
Potremmo dire che la scristianizzazione e la secolarizzazione hanno giocato un ruolo decisivo, che il significato della maternità è stato degradato ad inconveniente che disturba la carriera professionale, quasi rimosso dalla psicologia collettiva e privato dell’apprezzamento culturale e sociale che merita.
Non in tutti i paesi è così però. In Scandinavia ad esempio la tutela della maternità e il sostegno per le famiglie è notevole, sia nelle scuole che dallo stato che negli ambienti di lavoro.
In altri paesi secolarizzati le cose vanno molto meglio infatti. Il calo demografico è il riflesso di una società che è vecchia dentro. E’ un tema essenzialmente culturale, non economico, semmai la crisi economica è figlia proprio della stessa cultura. Se la maternità e la procreazione non ritornano al centro di tutte le attenzioni, perché mai dei giovani dovrebbero mettere al mondo dei figli?
Molti giovani preferiscono andare all’estero a cercare opportunità di vita e professione. E’ tutto concatenato?
Sì. Allo stesso modo, la nostra società è immutabile, dominata dalle rendite e dalle corporazioni, ostile al nuovo, bloccata dagli insider e da chi difende i propri privilegi, schiacciata da uno stato predone che uccide ogni sforzo di intraprendere, per quale motivo i nostri giovani dovrebbero rimanere in Italia? Se ne andranno a fare figli altrove. Il mondo è pieno di luoghi bellissimi e di culture molto più civili, dove sarà molto più facile realizzare i propri progetti di vita familiare.
Il vostro bonus bebè è un’innovazione che premia la famiglia. Fate lo stesso per l’azienda?
Nella nostra attività di impresa siamo da tempo impegnati a innovare radicalmente i nostri processi produttivi, approfittando delle straordinarie occasioni che oggi offre il mondo per fare le cose dove riescono meglio e farle sempre meglio. Vogliamo vivere non essere mantenuti, vogliamo fare impresa senza bisogno di essere protetti dallo stato. Anche dare la vita a nuovi progetti, interpretare la novità dei tempi e mettersi continuamente in gioco è proprio di una cultura della vita e della procreazione. Allo stesso modo, cerchiamo di trasmettere anche ai nostri collaboratori la fiducia nella vita e nel futuro, la fiducia nei propri mezzi e nella propria intelligenza. Non solo nel lavoro.
Per un datore di lavoro però gestire le maternità non è semplice. Turnover del personale, stipendi, imprevisti…
Il significato di questo bonus è soprattutto simbolico, significa che l’azienda si mette a servizio dei loro progetti di procreazione e non il contrario. Non solo un aiuto economico ma, soprattutto, la dichiarazione che siamo dalla loro parte e che faremo la nostra parte in termini organizzativi aziendali per far fronte alle loro esigenze o alla loro assenza temporanea. In effetti non è così semplice sotto l’aspetto organizzativo: nella nostra catena di negozi al dettaglio in Repubblica Ceca lavorano oltre 100 collaboratrici donne, quasi tutte giovani, e in quel paese c’è piena occupazione.
Ci sono anche leggi diverse in Repubblica Ceca, sarebbe bello ci fossero anche in Italia, per incentivare le nascite.
Ci piacerebbe che anche in Italia si introducessero quelle misure che sperimentiamo in paesi più moderni e civili, come la Repubblica Ceca, dove il congedo parentale dura fino a tre anni per ogni figlio, indifferentemente per padre o madre. Ci sembra una scelta di grande intelligenza e sensibilità. Chiunque può capire che i neonati stanno bene assieme alla madre ed ai genitori, non all’asilo nido, e che le madri stanno bene assieme ai loro bambini. I risultati si vedono: la curva demografica ha ripreso quota e le piazze sono piene di mamme con le carrozzine. Nelle città e nei paesi sono nati centinaia di parchi giochi, semplici e comodi. Noi stessi sperimentiamo ogni giorno nei nostri collaboratori in Repubblica Ceca l’importanza e gli effetti di queste semplici ma rivoluzionarie scelte che, alla fine, sono anche molto meno costose per la collettività.
Le è mai successo di trovarsi con personale a casa e di pensare che sarebbe stato meglio se questa persona non avesse avuto un figlio?
No. Mi è capitato che una mia bravissima segretaria sia rimasta a casa per cinque anni consecutivi, avendo avuto due bambini, ma poi è rientrata al lavoro con entusiasmo e senza alcun problema. Non è una questione di risorse, che ci sono per mille altre cose meno importanti, ma di priorità e cultura. E’ l’intero sistema sociale ed economico che si deve adeguare alla priorità della maternità e riconoscerne bellezza e importanza. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo ritenuto doveroso fare questo gesto verso i nostri collaboratori e speriamo proprio un giorno di dovercene pentire.
Anna Bianchini