130mila metri quadri di superficie commerciale prima approvati e poi bloccati in autotutela. Una mossa a sorpresa quella del sindaco Valter Orsi e della sua giunta, che hanno fermato il progetto di una gigantesca area commerciale in programma nell’area della ex Lanerossi. Un gesto che ha lasciato di stucco anche i commercianti stessi, preoccupati da tempo per la realizzazione di nuovi negozi che avrebbero fatto concorrenza, mettendo ancora più a rischio la loro già precaria (vista la situazione economica e sociale) esistenza.
Un atto coraggioso quello di sindaco e assessori, che nel caso di perdita del ricorso da parte di chi aveva in mente il grande progetto, ci dovranno mettere la faccia e, pare, perfino il portafoglio.
‘Scusa, ma il Sindaco è impazzito’? È la domanda che molti cittadini di Schio si stanno facendo da quando l’amministrazione Orsi ha deliberato l’annullamento in autotutela della precedente delibera di Giunta con la quale la stessa Giunta aveva adottato il piano urbanistico inerente la riqualificazione dell’area ex Lanerossi da tempo dismessa.
I fatti
Per capire meglio la situazione, e opportuno ripercorrere brevemente l’iter amministrativo della pratica urbanistica.
Nei primi mesi del 2015 la società Immobili e Partecipazioni srl (Marzotto) presentava domanda di adozione ed approvazione di un piano urbanistico per la riqualificazione dell’area ex Lanerossi che occupa una superficie di 327.667 metri quadrati. Il progetto prevedeva la realizzazione di circa 80mila mq di nuovi capannoni per attività produttive e di circa 50mila mq di immobili a destinazione commerciale-direzionale. Un intervento ambizioso che, per la sua estensione e per le previsioni in esso contenute, avrebbe avuto un impatto considerevole per l’assetto della pur vasta area produttiva scledense.
Come accade in queste circostanze, dalla presentazione della domanda di adozione ed approvazione dello Strumento Urbanistico Attuativo (S.U.A.) fino ai primi mesi del 2016 si è svolta una fase di trattative, detta anche di concertazione, tra la P.A. ed il Privato nella quale l’amministrazione ha richiesto alla Società proponente una serie di modifiche e migliorie in ragione di valutazioni di natura discrezionale e non di legittimità dato che, sotto quest’ultimo profilo, il progetto rispettava le norme urbanistiche in vigore così come le Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale e del Piano di Assetto del Territorio del comune.
Nel marzo del 2016 la Giunta Orsi, dopo aver convocato la conferenza di servizi conclusasi col parere favorevole degli Enti interessati, procedeva con l’adozione del S.U.A. inserendo nell’atto una serie di prescrizioni aventi, peraltro, carattere meramente soggettivo-discrezionale dato che le valutazioni espresse vertevano prevalentemente su aspetti ambientali-paesaggistici e viari.
Ne è seguita la fase cosiddetta delle osservazioni la quale si esauriva nel giugno 2016.
Successivamente l’amministrazione, con una formale nota, sollecitava la Società proponente ad adempiere alle prescrizioni contenute nella delibera di adozione, ma i Marzotto rispondevano negativamente a tale richiesta.
È a questo punto che sindaco e giunta decidono adottare un nuovo provvedimento di giunta per l’annullamento della precedente delibera di adozione del piano urbanistico dichiarando, in sostanza, la perenzione del procedimento amministrativo avviato l’anno precedente.
Le perplessità
Ricordato l’iter amministrativo della pratica, vediamo ora quali potrebbero essere le criticità della della delibera con la quale la giunta comunale ha annullato la precedente adozione del piano urbanistico.
La delibera incriminata (la D.G.C. 273/2016) contiene le motivazioni per le quali la P.A. ha ritenuto di adottare tale provvedimento. Pur scegliendo di non entrare nel merito delle valutazioni espresse dalla giunta Orsi, ci permettiamo tuttavia qualche considerazione di natura tecnico-giuridica.
La lettura smaliziata della delibera, in particolare nel lungo preambolo che descrive i vari passaggi dell’iter amministrativo, pare essere una pedissequa ricerca di motivazioni poste a suffragio di una decisione che presenta qualche carattere di debolezza.
In alcuni passaggi si arriva persino ad ammettere errori procedurali, cioè a dire che la delibera di adozione del marzo scorso (la D.G.C. 79/2016) era viziata ab origine da carenze di atti fondamentali e pareri di Enti terzi. Ma la Conferenza di Servizi del 15 marzo 2016 a cosa era servita?
Viene spontaneo chiedersi quando e chi si è accorto di così gravi manchevolezze dato che l’illecita delibera (pare corretta la definizione stando a quanto sostenuto dalla stessa Amministrazione, ndr) conteneva il parere favorevole di legittimità del Dirigente del Settore Sviluppo del Territorio e del Segretario comunale. Entrambi distratti?
Anche la tesi per cui l’atto di adozione sarebbe stato viziato dalla presenza di prescrizioni pare poco condivisibile.
Non è raro, infatti, che procedimenti amministrativi di diversa natura si concludano con la loro approvazione in presenza di condizioni prescrittive che formano una parte integrante e vincolante per la validità dell’atto medesimo. Nel nostro caso, semmai, era la natura discrezionale delle prescrizioni che, se non condivise dalla controparte, difficilmente avrebbe consentito alla P.A. di ottenerne l’attuazione.
Vi è infine un ultimo punto di criticità in ordine alla decisione assunta ad ottobre dal Sindaco Orsi ed è il parere di legittimità negativo espresso dal Dirigente del Settore Sviluppo del Territorio che, inevitabilmente, contribuisce ad indebolire il valore della delibera di annullamento dell’atto di adozione del Piano urbanistico.
I possibili effetti
Quali potrebbero essere le ricadute della decisione assunta dall’amministrazione Orsi?
Pare evidente che la decisione assunta dal Sindaco Orsi e dalla sua Giunta sia di quelle che faranno discutere a lungo e che presti il fianco ad azioni legali da parte della Proprietà dell’area.
Del resto le motivazioni paiono essere discutibili proprio per i profili tecnico-giuridici posti a fondamento dell’atto amministrativo.
Allo stesso modo, pare evidente che in caso di ricorso al giudice amministrativo da parte della proprietà, qualora l’esito risultasse sfavorevole per l’amministrazione comunale, a pagare eventuali danni non saranno né il sindaco, né gli assessori, ma l’ente stesso cioè, in ultima analisi, i cittadini scledensi.
A prescindere da questi aspetti, suggeriamo un ulteriore spunto di riflessione.
Alla luce dell’attuale situazione economico-finanziaria, quale futuro potrà avere un progetto di questa dimensione? Che mercato potranno avere 80mila mq di capannoni e 50mila mq di commerciale?
Anche a Schio, come a Thiene ed in altri comuni della provincia, vi sono migliaia di mq di immobili vuoti sia a destinazione produttiva che commerciale-direzionale, per non parlare di altri mega progetti, per rimanere a Schio, come la Fabbrica Alta il cui iniziale interlocutore era proprio Immobili e Partecipazioni srl. Un bel progetto, ma rimasto sulla carta oramai da decenni e che rimarrà tale per ancora molto tempo.
Th.S.