L’amato caffè è tornato dopo 25 anni sotto l’occhio investigativo dello IARC, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ed è stato prosciolto da ogni accusa di causare il cancro nell’uomo.
Gli italiani grandi consumatori possono ora vivere in pace il loro rapporto indissolubile col caffè, bistratto e attaccato su tutti i fronti a partire dall’ultima ricerca dello Iarc del 1991 che lo inseriva nella classifica dei cancerogeni nel gruppo 2B come agente presumibilmente cancerogeno e probabile causa del cancro alla vescica.

E’ finito nell’agenda dello Iarc nello scorso ottobre perché ritenuto fin troppo nemico dell’uomo, da limitare o combattere, ma anche per coprire le troppe limitazioni della ricerca condotta nel 1991. A maggio di quest’anno è avvenuto il meeting di esperti sul tema, convocati dalla agenzia stessa.
Più di mille studi sono stati effettuati su uomini e animali, che lo hanno scagionato col ‘fatto non sussiste’, ovvero  per prove insufficienti della sua cancerogenicità in generale portandolo nel gruppo 3 della classifica dell’Oms  per quanto riguarda il tumore dell’esofago, del seno, della prostata e rischi ridotti sono stati riscontrati per il tumore del fegato e dell’endometrio.
Eliminati i dubbi il chicco di caffè viene addirittura rivalutato, in quanto agente protettivo sui tumori dell’utero e del fegato se consumato nella media di tre o quattro tazzine al giorno e che non superi i 65° di temperatura, altrimenti se bevuto troppo caldo retrocede al gruppo 2B.

Paola Viero

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