Era stato inaugurato da pochissimo il nuovo ospedale di Santorso e non aveva ancora un nome quando l’allora dg Daniela Carraro volle presentare in pompa magna la Carta dei diritti delle persone con disabilità per fare comprendere alle centinaia di invitati accorsi da tutto il Veneto quanto l’Ulss 4 fosse vicina alle persone diversamente abili. Le solite chiacchiere, che riesci a smentire in una manciata di secondi recandoti solo davanti all’ospedale Alto Vicentino, che non è certamente un fiore all’occhiello per quanto riguarda l’accessibilità.
Lo abbiamo voluto dimostrare con l’aiuto di due persone disabili, che mettendoci faccia e nome, hanno dato dimostrazione pratica di come, per chi ha problemi motori ed è costretto a muoversi in carrozzina, sia addirittura impossibile poter usufruire di alcuni servizi.
Giovedì mattina abbiamo voluto fare un vero e proprio tour ospedaliero con Maura Fontana, dipendente comunale del Comune di Thiene, ma residente a Schio ed Emanuela Pozzan, affetta da distrofia muscolare dalla nascita, di Santorso, residente a Schio.
Assieme a noi, la nipote Jessica, la sua accompagnatrice, che le dedica tutto il suo tempo libero e che vuole approfittare dell’esperienza in ospedale per realizzare una tesi sulle barriere architettoniche, che lei conosce proprio perchè è diventata le gambe e le braccia che la zia non può muovere.
Assieme a noi, la nipote Jessica, la sua accompagnatrice, che le dedica tutto il suo tempo libero e che vuole approfittare dell’esperienza in ospedale per realizzare una tesi sulle barriere architettoniche, che lei conosce proprio perchè è diventata le gambe e le braccia che la zia non può muovere.
Arriviamo davanti all’ospedale verso le 10. Ad attenderci, Manuel Dalla Costa in rappresentanza dell’associazione La Cordata, che da anni denuncia quello che non va all’interno dell’Ulss 4 ed il consigliere comunale scledense Riccardo Sterchele. Quest’ultimo, nei mesi scorsi, ha voluto girare in carrozzina per una mattinata per mettersi nei panni delle persone disabili e comprendere pienamente la loro difficoltà. Percorriamo lo scivolo d’accesso all’ospedale e notiamo subito che è un percorso difficile da fare per chi sta seduto su una carrozzina. Ci vogliono le braccia dell’Incredibile Hulk per poterla salire e Maura ci fa notare quanto sia ripido e impossibile da salire autonomamente.
Per fortuna, c’è con lei l’inseparabile marito Antonio che non la lascia mai sola. Emanuela, muovendo leggermente il capo mi fa notare anche il pericolo di cadere e sbattere la faccia sull’asfalto. Iniziamo dal bar e prima di girare l’ospedale, decido di offrire un caffè ai miei compagni di viaggio. Basta guardare le foto scattate da Manuel per comprendere la fatica di arrampicarsi a quel bancone di un esercizi pubblico, che sembra voglia negare l’ingresso a chi, in carrozzina, può rovesciarsi addosso il caffè bollente. Per non parlare dei tavolini, realizzati per tutti, ma non perchè attorno possano starci i disabili a consumare. Non c’è posto sotto, per le ruote della carrozzella.
Proseguiamo ancora il nostro tour e ci dirigiamo all’ufficio prenotazioni, dove assistiamo alla scena che più ci colpisce, fino a fare imbestialire Manuel Dalla Costa, che ad un certo punto, si sente in dovere di richiamare le infermiere, che hanno lasciato Emanuela davanti al banco accessibile, gli altri sono troppo alti, per un quarto d’ora. Emanuela vuole sapere della sua visita, ma quella postazione che sulla carta è stata realizzata proprio per chi come lei avrebbe bisogno di maggiore attenzione, sembra spettrale. Pc spento e quello che più lascia basiti è tutto quel tempo, durante il quale la ragazza, che può muovere a stento solo le mani, rimane ferma ad aspettare che qualcuno
le dia retta.
le dia retta.
Tutti le passano davanti, il personale paramedico la ignora fino a quando l’esponente de La Cordata, che ha filmato la scena come fonte di prova di quello che stiamo raccontando, non si reca dall’infermiera per farle notare la presenza di quella giovane disabile per la quale nessuno ha nemmeno una parola. Emanuela reagisce con un sorriso e va via con dignità, spiegandoci che è storia di ogni giorno, che questo è quanto le tocca ogni volta che cerca di accedere a qualche servizio.
Ci racconta che qualche settimana fa, dinanzi all’esigenza dello screening ginecologico, alla luce della sua condizione fisica, le hanno consigliato di rivolgersi a strutture sanitarie private. Eppure in un ospedale nuovissimo come quello di Santorso, costato l’occhio della testa e definito all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, non ci crediamo proprio che non esista un lettino elettronico. Ma il paradosso dell’ospedale lo vedi già all’entrata. Se solo hai bisogno di chiedere una informazione e ti muovi in carrozzina, è impossibile dialogare con gli addetti ai lavori. Il bancone è alto, come testimoniano le foto e anche se esiste una parte accessibile, ci spiegano gli impiegati che non è attrezzata per dare retta ai disabili: ci sono i telefoni a cui rispondere e da quella parte non c’è un apparecchio. Così adesso, quella parte che all’occhio del visitatore sembrerebbe dedicata ai diversamente abili, è diventata la postazione dell’Avo.
Alla fine scendiamo al pronto soccorso. Solo tre posti auto per i disabili: tutti occupati. E’ chiaro che sono insufficienti e assistiamo in diretta all’ingresso non facile di anziani semi paralizzati costretti a percorrere un tragitto che non li aiuta affatto. Maura ci spiega che d’inverno, quando piove, ti bagni come un pulcino perchè non è stata pensata nemmeno una tettoia per ripararsi e non puoi arrivare con l’auto fino alla porta perchè dei blocchi di cemento, piazzati per questione di sicurezza, impediscono alle auto dei disabili l’accesso.
Natalia Bandiera (hanno collaborato Maura Fontana, Emanuela Pozzan e Olga Bulian)
Intervista video a Maura Fontana:
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