I profughi sono un’invasione da temere e respingere o esseri umani disperati ai quali siamo chiamati a dare accoglienza?
Mentre a Tonezza del Cimone si affronta il problema di avere troppi profughi in paese rispetto al numero degli abitanti (80 richiedenti asilo per 530 residenti), a Santorso il sindaco Franco Balzi, cerca di fare capire cosa significhi ‘accoglienza’ e a chi deve essere diretta.
Tonezza non è il solo comune ad avere ‘troppi profughi’, altre amministrazioni comunali sono alle prese con una gestione improvvisata dei richiedenti asilo che, scaricati in città come pacchi postali, devono trovare una collocazione degna di esseri umani.
Per riportare l’attenzione sul significato di accoglienza, torna in campo Franco Balzi. Promotore del progetto di accoglienza diffusa dei richiedenti asilo nella provincia di Vicenza, che prevede due profughi ogni mille abitanti, il sindaco di Santorso ci tiene a sottolineare un concetto che in molti sembrano non avere ancora compreso: “L’immigrazione non è un’emergenza, ma un fenomeno al quale ci si deve abituare e per il quale servono soluzioni concrete e progetti strutturati”.
Balzi, che tipo di immigrazione è quella che abbiamo difronte?
Ci sono due tipi di immigrazione. Una riguarda i richiedenti asilo che fuggono dalle guerre che insanguinano i loro paesi e cercano rifugio in altri paesi, mentre l’altra riguarda i così detti migranti economici, cioè quelle persone che cercano un futuro migliore in altri paesi.
Una bella differenza quindi…
Differenti certo, ma io non me la sento di giudicarli profughi di serie A e di serie B. Sono persone che scelgono di abbandonare la propria famiglia e la propria casa alla ricerca di qualcosa di migliore. Guerra o non guerra. Io fatico ad accettare la logica dell’accoglienza che apre le porte a qualcuno e rigetta qualcun altro.
Quindi secondo lei l’accoglienza dovrebbe essere ‘porte aperte per tutti’?
Se consideriamo che le persone di cui stiamo parlando stanno fuggendo da conflitti, io ritengo sia giusto aiutare. I conflitti da cui si fugge sono di varia natura e credo sia difficile misurarli o classificarli. Ci sono chiaramente delle regole da rispettare, per inserire gli ‘accolti’ nella società, insegnando loro le regole del vivere locale e permettendo un’integrazione corretta.
Cioè?
Un percorso di accoglienza giusto c’è quando si aprono le porte a persone fragili che chiedono accoglienza e sono disposte ad intraprendere un percorso di integrazione. L’accoglienza deve essere ‘diffusa’, cioè proporzionata alle reali capacità di ciascuna comunità.
Lei si è fatto promotore del progetto di accoglienza diffusa, tanto da farlo firmare alla conferenza dei sindaci dell’Ulss 4 e al prefetto di Vicenza….
Quello che può fare ciascuno di noi è decidere da che parte stare. Io voglio stare dalla parte di tutti gli sfortunati che cercano salvezza di questa terra, che nella sua interezza considero la mia casa, il mio paese. Il protocollo d’accoglienza è uno strumento importante: là dove è stato applicato ha dimostrato tutta la sua efficacia. La speranza è che venga attuato ed esteso in maniera sempre più diffusa.
E’ uno strumento definitivo per l’accoglienza? O è solo un punto di partenza?
Come ho sottolineato al Prefetto e ai colleghi sindaci, il protocollo è e resta un tramite, uno strumento temporaneo. Se vogliamo uscire da questo approccio emergenziale, in cui ci siamo ormai impantanati da più di due anni, dobbiamo guardare ad una visione più strutturata, stabile. E la soluzione esiste: si chiama progetto Sprar. E’ un modello operativo già praticato (da quasi quindici anni) anche nell’Alto Vicentino. Santorso è capofila di un progetto per 39 posti, che ha permesso di accogliere più di 400 persone. Lo Sprar dà ai comuni la piena titolarità nella gestione dell’arrivo dei richiedenti asilo. Da poco anche Vicenza ha attivato un secondo progetto, per 50 posti. L’obiettivo è di transitare il maggior numero di persone dalla gestione prefettizia a quella dei comuni, strutturando un intervento permanente nel nostro territorio.
Quindi l’accoglienza dei profughi non è un’emergenza, ma è a tutti gli effetti un nuovo ‘trend’…
Assolutamente non è un’emergenza. E’ un trend, ma non è nuovo. L’immigrazione è sempre esistita, nella storia dell’umanità. Si tratta solo di trovare il meccanismo giusto per attuarla in modo corretto in relazione con il tempo attuale e le esigenze delle società.
Esiste una ‘ricetta’ per risolvere il problema ‘accoglienza’?
Non mi soffermo sulle responsabilità che dovrebbero essere della Comunità Europea, sugli errori nella gestione governativa, sulla totale assenza di un ruolo della Regione: aspetti che meriterebbero un approfondimento serio, se non altro perché tutti finiscono per scaricarsi sulle nostre spalle di amministratori locali, sui nostri territori. Mi fermo a livello locale e secondo me applicando lo Sprar sbroglieremmo molti nodi.
Ci spieghi….
I numeri ci dicono che se questo modello fosse fatto proprio da tutti i Comuni della provincia, non avremmo oggi difficoltà ad accogliere le 1500 persone presenti, con un intervento che le pratiche attivate nel territorio dell’Alto Vicentino dimostrano ampiamente virtuoso ed efficace (confermate da quanto accade in modo ancora più capillare nel vicino Trentino Alto Adige, tanto per fare un altro esempio). Sul territorio abbiamo due modelli che coesistono: lo Sprar e il protocollo d’accoglienza, che si sovrappongono. Per noi sottoscrittori del protocollo è incomprensibile ed inaccettabile che esistano ancora due modelli paralleli, quello della gestione prefettizia e quello dello Sprar, che in certi momenti sembrano quasi impermeabili.
Lei ha richiamato il Prefetto a rispettare il numero di due profughi ogni mille abitanti, per dare accoglienza diffusa senza turbare la comunità….
Certamente. Lo Sprar e il protocollo funzionano là dove vengono rispettati tutti i parametri. Mi auguro che si elabori un modo d’azione unico. A breve ci sarà un nuovo bando che riguarda il progetto Sprar e spero non ‘scappi’. L’Accoglienza è possibile, ed è efficace, se fatta con intelligenza e responsabilità.
Anna Bianchini