Pensionamenti del personale scolastico in calo del 30%. A rilevarlo, una stima ricavata dall’esame degli elenchi provvisori delle domande di cessazione dal servizio con decorrenza dal primo settembre 2016 pubblicati da alcuniUffici scolastici regionali campione. La stima riguarda tutte le modalità di pensionamento: sia la cessazione dal servizio dalla scuola per il prossimo primo settembre per accedere alla pensione anticipata (con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini), sia a quella di vecchiaia (66 anni e 7 mesi di età anagrafica), o fruendo di norme in deroga come l’Opzione donna.
Secondo la rivista Orizzonte Scuola, “se l’entità della riduzione dovesse essere confermata anche dal Miur (ministero Istruzione, Università e Ricerca, ndr), si avrebbe la conferma che la riforma Fornero ha prodotto fortissimi danni nel comparto scuola dove la minor cessazione dal servizio obbliga ad un turn over ridotto all’osso ma anche un freno eccessivo al processo di ricambio generazionale all’interno della classe docente italiana, che continua ad essere una delle più anziane in Europa”.
“Il dato, se confermato – si legge in un comunicato dell’Anief sul tema delle pensioni – sarebbe in controtendenza rispetto allo scorso anno, quando con un emendamento alla legge 190/2014, presentato dalla deputata del PdLuisa Gnecchi e valido sino al 2017, è stato permesso di far accedere alla pensione, senza incappare nelle decurtazioni, alle lavoratrici con meno di 62 anni di età, in possesso di 41 anni e mezzo di contributi e i lavoratori 42 anni e mezzo. Contrastando in parte, in tal modo, gli effetti immediati della riforma Monti-Fornero”.
A complicare la situazione, ricorda il sindacato, sarebbe undecreto interministeriale (Economia e Finanze da una parte e Lavoro dall’altra) che “dal primo gennaio 2016 haposticipato di ulteriori quattro mesi l’età e i requisiti per lasciare il lavoro: i requisiti contributivi per il conseguimento del diritto alla pensione di anzianità sono saliti a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini. E a 41 anni e 10 mesi per donne. Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia rimane inalterato il raggiungimento della soglia contributiva di 20 anni. Gli uomini, dipendenti o lavoratori autonomi, dovranno raggiungere i 66 anni e 7 mesi di età. Lo stesso requisito è stabilito per le donne del pubblico impiego”.
Questa situazione ricondurrebbe al forte calo del 2014, quando nella scuola lasciarono il servizio in 14.522 tra docenti e appartenenti al personale Ata. Circa alla metà dell’anno precedente. Nel 2007, per dare un’idea del divario, ad andare in pensione, sempre sommando docenti e Ata, furono oltre 35mila dipendenti della scuola: “Dal 5% dei lavoratori – commentano i vertici di Anief – una percentuale utile a produrre quel minimo di turn over fisiologico persvecchiare il corpo docente – si è passati all’attuale 2% di pensionamenti, sempre rispetto al personale a tempo indeterminato”.
Eppure, secondo l’ultimo rapporto sulla scuola dei paesi Ocse, Education at a glance 2015,gli insegnanti italiani sarebbero i più vecchi al mondo. “Alla primaria, l’Italia è il paese dell’Ocse con la quota maggiore di maestre over 50, il 44 per cento nel 2013, il 16 per cento oltre i 60 anni, nessuna sotto i 30. In Francia, la percentuale di giovani maestre al di sotto dei 30 anni è dell’8 per cento e gli ultracinquantenni sono il 23 per cento. Alle medie e alle superiori va anche peggio: il 57 per cento ha più di 50 anni, solo il 3% ha meno di 40 anni, il 19% ha 60 anni e più. Le maestre più giovani sono nel Regno Unito, con 29 insegnanti su cento under 30, mentre alle medie i maestri più giovani sono in Turchia, con 35 prof su cento al di sotto dei 30 anni”.
“A rendere la situazione ancora più pesante – conclude Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal – ci si è messo pure il ministero dell’Istruzione, decidendo di escludere non abilitati e laureati dal concorso a cattedre, contro cui abbiamo fatto ricorso e attendiamo l’esito ora dal Consiglio di Stato. Non dimentichiamo, poi, che sempre gli ultimi tre governi hanno abbandonato oltre 4mila Quota 96, che nel 2012 avrebbero dovuto lasciare il servizio”.