Dodici forme di formaggio sequestrate dal Nas e un’intera stalla messa in quarantena a causa di tossine cancerogene contenute nel latte e nel formaggio.
Al centro della vicenda, la Latteria Soligo di Breganze, che, come riferito dalla rivista specializzata ‘Il Fatto Alimentare’ , ha ricevuto la visita del Nas (Nucleo Antisofisticazioni e Sanità) e Asl che, dopo aver effettuato controlli in Lombardia ora stanno passando al setaccio Veneto ed Emilia Romagna.
Al momento sono ben 5mila le forme di formaggio sequestrate in Veneto perché contenenti aflatossine cancerogene.
“Il primo caso di cui si ha notizia riguarda la Latteria Soligo – riporta Il fatto Alimentare – che nel corso di autocontrolli ha inviato un campione di latte al laboratorio Chelab di Treviso (da pochi mesi acquisito dalla società Mérieux NutriSciences) riscontrando una quantità di aflatossine M1 superiore rispetto ai 50 nanogrammi per kg permessi dal reg. CE 1881/2006. A questo punto la Latteria Soligo ha ripetuto le analisi e inviato una nuova campionatura che non ha evidenziato anomalie, per cui il latte è assegnato al caseificio. Una parte è stata trasformata in 80 forme di formaggio Breganze che dopo una breve stagionatura è stata venduta in alcuni supermercati del Veneto. Altre 12 forme di formaggio sono lavorate e spedite al magazzino di stagionatura destinate a diventare Grana Padano. Si arriva così al 5 aprile 2016 quando Nas e Asl, sulla base delle carte fornite dal laboratorio Chelab di Treviso, scoprono l’eccesso di aflatossine rilevato nel mese di agosto e sequestrano le 12 forme. La questione è delicata perché secondo la norma il superamento dei limiti di aflatossine nel latte deve essere segnalato alle autorità sanitarie entro 12 ore e avviato alla distruzione. Il latte inidoneo non può essere diluito con altro latte idoneo per abbassare i valori e rendere la partita commerciabile come viene fatto in modo illecito da chi (produttori di latte e anche qualche caseificio) vuole evitare perdite economiche. Anche la stalla che fornisce latte contaminato da aflatossine viene posta in quarantena fino a quando i valori non rientrano nella norma’.
L’azione del Nas in Veneto è proseguita – continua Il Fatto Alimentare – ed è scattato il blocco di 5.039 forme di formaggio prodotte nel caseificio della Cooperativa Agricola Produttori latte di Nogarole Vicentino. Anche in questo caso “il sequestro si è reso necessario in quanto trattasi di sostanze alimentari da sottoporre a ulteriori accertamenti necessari per la tutela della salute pubblica in considerazione del potenziale inquinamento da aflatossine nella filiera lattiero casearia non essendo state rispettate le procedure operative per la prevenzione e gestione del rischio”. In altre parole sembra che l’azione dei Nas sia scattata dopo avere riscontrato anomalie nelle analisi del latte eseguiti nei laboratori. Purtroppo non siamo di fronte a casi isolati secondo le nostre fonti l’operazione dei Nas si è estesa anche in Emilia-Romagna dove i caseifici coinvolti sono tanti.
‘Il Consorzio del Grana Padano da noi sentito – conclude Il Fatto Alimentare – precisa che il formaggio nei magazzini di stagionatura diventa Grana Padano solo se supera le rigide verifiche previste dall’organismo di controllo incaricato dal Ministero dell’agricoltura, il Csqa e quelle del Consorzio di Tutela. Per il momento a seguito di queste indagini dei Nas in Lombardia (dove sono stati coinvolti una trentina di caseifici) e in Veneto nessuna forma è arrivata sul mercato perché la stagionatura dura come minimo 9 mesi e il latte contaminato risale al mese di agosto 2015. I consumatori possono quindi acquistare tranquillamente. In ogni caso il Consorzio in questa vicenda si è costituito parte civile e querelerà chi in modo consapevole ha diluito con latte idoneo il latte con aflatossine fuori limite per rientrare nei limiti di legge. Secondo il Consorzio il formaggio prodotto in modo consapevole con latte fuori norma dovrebbe essere distrutto. Il concetto è giusto anche se trattandosi di formaggio edibile e con valori di aflatossine nella norma, forse varrebbe la pena destinarlo a collettività, onlus o strutture di volontariato che si occupano di ristorazione’.
A.B.