Prima l’India con i due Marò, poi l’Egitto con Regeni, adesso la Libia con Failla. Menare per il naso l’Italia è divenuto un gioco da ragazzi, un atto ludico. Basta prendere tempo, inizialmente apparire pronti a collaborare per far luce sull’accaduto, l’Italia si placa, poi la mazzata: a gestire l’intera faccenda saranno LORO, “quelli tutti pizza e mandolino” stiano buoni che a sistemare la faccenda ci pensano LORO. Come meglio conviene.

“E’ stata fatta una vera e propria macelleria”. Lo ha detto l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, in occasione dell’autopsia effettuata a Tripoli sul corpo di Salvatore Failla, autopsia che sicuramente non ha consentito ai medici legali italiani di avere risposte certe sul tipo di arma che ha ucciso il tecnico della Bonatti: “Sono state rimosse parti di tessuto corporeo – ha detto il legale – il che rende impossibile qualsiasi tipo di accertamento. Ad oggi non siamo in grado di dire né quale tipo di arma abbia sparato contro Failla, né a quale distanza e neppure in che posizione si trovasse la vittima al momento degli spari. Non ci hanno dato i vestiti che indossava Failla al momento dell’aggressione, cosa che sarebbe stata fondamentale per poter quantomeno comprendere la traiettoria dei proiettili. Alla fine dobbiamo dire che le perplessità nostre e della signora Failla purtroppo si sono rivelate fondate. Tutto ciò è stato fatto volutamente, la cosa paradossale è che non sappiamo neppure con chi possiamo prendercela”.

Così, giusto per mettere a posto le cose, essendo peraltro l’autopsia un “esame unico e irripetibile”, l’Italia, la famiglia Failla, possono scordarsi di scoprire come è stato ucciso il tecnico siciliano. Avvocato, dobbiamo proprio suggerirlo noi con chi deve prendersela?

P.V.

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