‘La nostra acqua è buona e non esiste al momento, alcuna situazione di rischio’. Un clima di quelli che vuole tranquillizzare ieri in commissione Ambiente al comune di Thiene, dove sono intervenuti i vertici di Avs , per fare il punto sulla “salute dell’acqua” in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche che ha colpito la provincia di Vicenza, oltre a quelle di Padova e Verona. Qualcosa di doveroso per scongiurare pericoli nel thienese, che, secondo quanto emerso ieri sera, non esisterebbero e riguarderebbero invece, tutt’altra parte del vicentino. Quello sostanzialmente, a sud dell’autostrada.
Annunciato come un discorso informativo per non creare appunto, falsi allarmismi, alla luce delle recenti notizie di cronaca anche nazionale, il presidente di Avs Giovanni Cattelan ha precisato che “il nostro territorio di competenza è a monte del problema” con riferimento alla ditta Miteni srl di Trissino, individuata come responsabile da Arpa nel 2013 che inviò una nota alla procura di Vicenza. Quindi, continua Cattelan “il problema interessa i territori posti a valle. Ma i rappresentanti della commissione Ambiente del Comune di Thiene lo hanno voluto sentire ufficialmente per fugare ogni dubbio.
Il riferimento dei rappresentanti di avs è sempre all’immissione delle sostanze pfas nelle acque venete, pratica usata fin dalla metà degli anni 60 col versamento degli scarichi dell’industria chimica; sostanze caratterizzate da una notevole resistenza nell’ambiente, associata ad forte capacità di diffusione e persistenza, determinando una ampia e diffusa presenza nelle acque e conseguentemente nell’ambiente e nell’uomo, accumulandosi nel tempo.
A seguito dell’indagine Arpa, queste sostanze, quelle a otto atomi, sono state bloccate, quindi non più immesse negli scarichi, resta il fatto che per quasi cinquantanni il nostro territorio li ha assorbiti, rimettendoli in circolo tramite il servizio idrico, ovvero tramite gli acquedotti, i pozzi, la cui acqua è stata utilizzata oltre che il fabbisogno privato, anche dalle industrie alimentari e dagli allevamenti.
Ma come e perché è scoppiata l’attenzione sui Pfas in Veneto? A seguito di tre campagne del Cnr, condotte sul territorio, dal 2011 al 2013 dove emerse una grave criticità per i valori riscontrati nella acque potabili nel basso vicentino che sforavano di gran lunga il valore guida stabilito dal d.lgs 31/2001: il pfas rilevato variava dai 1000 ai 3000 ng/lt contro i 500 ng/lt suggeriti dal decreto, in quanto, ancora a oggi, non è stata fissata alcuna soglia ufficiale di tossicità.
Elencano i rappresentanti di Avs, tutte le procedure che ne sono conseguite “a seguito delle tre campagne, i gestori del servizio idrico, tra cui Avs, furono convocate in Regione già nel 2013 con l’indicazione di trattare con urgenza il problema. Vennero messi in atto dei monitoraggi stretti, compatibilmente alle tecnologie in adozione. Monitoraggi che ancora oggi vengono fatti e dai quali emerge che non ci sono livelli preoccupanti per le zone di nostra competenza, sia nella depurazione sia nell’acquedotto”.
In sunto “l’acqua di avs, oggi, si può tranquillamente bere” lo sottolineano più volte Cattelan e il direttore Cornaviera. In pratica come gestore del servizio, da quando è emersa la problematica, si è attivato recependo le indicazioni regionali, ha implementato i monitoraggi e seppur non ci sia una normativa specifica, seppur ci siano incertezze, non si configura un rischio ambientale immediato.
Paola Viero