Facebook non è una giungla dove chiunque può dire tutto senza conseguenze. Lo ribadiamo da tempo, ma c’è una sentenza di Cassazione, che potrebbe finalmente ingessare le dita a chi crede che avere un profilo sui social network significhi avere un megafono e poter sparare a zero su tutto e tutti. Secondo la legge, chi offende su facebook è come se lo facesse su un giornale.
Con la sentenza depositata martedì 1 marzo, la Suprema Corte ha deliberato che “anche la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’articolo 595 , comma terzo, del Codice penale, poiché la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo per questo di una bacheca Facebook ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone”.
Episodio recente, la condanna al pagamento di una multa da 1.500 euro ad un componente in congedo del corpo militare della Croce Rossa Italiana, reo di aver apostrofato come ‘verme’ e ‘parassita’ Francesco Rocca, all’epoca commissario straordinario della Cri. Inizialmente, come denunciato da Rocca, che alla querela aveva allegato anche la stampa delle pagine Facebook, il dibattito riguardava scelte e iniziative da lui adottate alla guida dell’ente, ma alcuni passaggi, correlati da sue foto, avevano travalicato – come riconosciuto dal giudice di merito – il limite dell’ordinario diritto di critica, per sfociare in palese offese del suo decoro personale.
Nota del direttore
La notizia ci rincuora, dato quello che accade sui social network dove sembra si scatenino quei leoni la tastiera che forse, se te li trovi faccia a faccia, non hanno nemmeno il coraggio di guardarti in faccia.
Ci voleva una sentenza che ponesse un freno all’ignoranza di chi non sa confrontarsi con i toni pacati della dialettica, ma sbraita, attacca, s’incazza e si sfrena dando il peggio di se come fosse la persona più frustrata del mondo. Non nascono per questo i social e qualcuno dovrebbe capirlo, come dovrebbe stare attendo ai contenuti di ciò che scrive per non fare una magra figura. E’ il caso di chi imbattendosi in un articolo, ne legge solo il titolo per poi fare una domanda la cui risposta la trovesti se ti prendessi la briga di leggere tutto il contenuto giornalistico.
Vogliamo parlare di quelli che ti chiedono perchè dei denunciati penalmente scrivi solo le iniziali e degli arrestati metti il nome intero?Dio Santo, prima di fare la domanda davanti al mondo del web, prenditi la briga di fare un google. Non solo troverai subito la risposta. Arricchirai la tua conoscenza ed eviterai di esporre la tua ignoranza dinanzi a chi dietro la tastiera magari ti prende pure in giro per quella domanda così grossolana, che mette a nudo la tua non preparazione in materia.
Impariamo a commentare e a fare una critica in maniera garbata. Non è ‘urlando’ che si affermano le proprie idee.
Impariamo a rispettare chi non la pensa come noi e non va calpestano con mille insulti: il mondo è bello perchè vario. Impariamo a valutare i titoli professionali di chi, se scrive, forse ne ha la competenza e sa quello che dice.
E infine: prima di digitare nervosamente sulla tastiera, fermiamoci un attimo a riflettere se quello che stiamo per dire virtualmente ha senso. Non solo eviteremo di riempire le bacheche di stupidaggini, ma eviteremo una brutta figura sotto gli occhi di migliaia di lettori che accosteranno quella cazzata, al tuo nome, cognome e foto di facebook.
Natalia Bandiera
Stampa questa notizia