Occhi aperti sui bisogni di Fido. Per evitare di essere condannato per imbrattamento, da oggi è meglio che il padrone-di-cane modello si doti non solo del noto sacchettino raccogli deiezioni, ma che si porti dietro sempre anche una bottiglietta d’acqua.

Il problema non è la sete dell’amico a 4 zampe, ma la sua a volte incontenibile necessità di ‘fare la pipì’ lungo la strada, o a ridosso di muri o delle auto in sosta.

La Cassazione ha infatti dimostrato che, chi porta a spasso il cane dotandosi di acqua dimostra di voler ‘ridurre il più possibile il rischio che siano lordati beni altrui’.

L’episodio è successo a un proprietario di cane di Firenze, condannato in primo grado proprio per aver lasciato che sporcasse i beni altrui e assolto poi in Cassazione.

“Il dettaglio dell’acqua al seguito – ha spiegato la Cassazione nella sentenza 7082 –  dimostra che l’imputato si era preoccupato di minimizzare i danni”.

In presenza d’acqua quindi il dolo (elemento richiesto perché sussista il reato di imbrattamento) non sussiste perché l’uomo ha dimostrato un atteggiamento responsabile e rispettoso partendo già da casa con tutto il necessario per pulire lo sporco eventualmente lasciato dal suo amico a 4 zampe.

La Cassazione ha proseguito: “E’ un dato di comune esperienza che, per quanto l’animale possa essere stato ben educato, il momento in cui lo stesso decide di espletare i propri bisogni è talvolta difficilmente prevedibile trattandosi di un istinto non altrimenti orientabile e, comunque, non altrimenti sopprimibile mediante il compimento di azioni verso l’animale che si porrebbero al confine del maltrattamento nei confronti dello stesso. Ancora, è un dato di comune esperienza – ha aggiunto la sentenza – che i cani non esplicano i propri bisogni in luoghi chiusi di privata dimora, con la conseguenza che i possessori dei predetti animali che risiedono in agglomerati urbani si vedono necessitati a condurli sulla pubblica via: non sempre le Autorità locali sono in grado di predisporre luoghi appositi ove detti animali possano espletare i loro bisogni e comunque non può essere escluso che gli animali decidano (con tempi e modalità che non è possibile inibire) di espletare tali bisogni altrove o prima del raggiungimento dei luoghi a ciò deputati”.

Che cosa può fare allora il padrone? “L’unica limitata sfera di azione che compete a chi è chiamato a condurre sulla pubblica via detti animali – ha concluso la Cassazione – è agire al fine di ridurre il più possibile il rischio che questi possano lordare i beni di proprietà di terzi, quali i muri di affaccio degli stabili o i mezzi di locomozione ivi parcheggiati”.

A.Bia

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