L’inizio era fissato per le 20.30, ma già alle 20 l’ampia navata dell’Arcipretale di Cogollo era occupata nei suoi quattrocento posti a sedere. Oltre duecento le persone in piedi. Persone giunte persino da Milano e da Treviso, da Padova e da Asiago, tantissime da Calvene e da Lugo, passando per tutto l’Alto Vicentino.

È stata una folla forse inaspettata, quasi imbarazzante, per un giovedì sera d’autunno quella che ha accolto e applaudito l’altra sera il nuovo libro di don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova: tra i banchi anche molti colleghi “don” del vulcanico sacerdote originario di Calvene, capitanati dal commosso vicario del vescovo di Padova, mons. Renato Marangoni, e dal delegato vescovile per il clero patavino, mons. Giuseppe Zanon.

 

Ancora estasiato anche don Luigi Gatto, da sette anni parroco della comunità ai piedi del Cengio: ‘Giovedì sera abbiamo sperimentato davvero “l’imbarazzo di Dio”. In una chiesa stragremita, in un clima di vera “attesa”, in un silenzio più che mai eloquente abbiamo toccato con mano (dalle esperienze testimoniate) come il nostro impossibile umano, inserito nel progetto di Dio, possa diventare storia. Molte le persone che ieri, nei modi più diversi, – spiega don Gatto – hanno espresso il loro ringraziamento, la loro ammirazione, la loro gioia per questa esperienza (un’ora e mezza volata via) che difficilmente scomparirà dai nostri cuori. Irene, Claudia, Vincenzo il sacrestano-detenuto, Cristian la voce narrante, il Coro Giovani Voci, il tecnico luci e voci, tutta l’organizzazione (possiamo dire impeccabile) e, naturalmente, don Marco ci hanno fatto respirare aria di cielo che ci ha riempito di speranza, di coraggio e di buona volontà’.

E Claudia e Irene sono state la ciliegina sulla torta di questa serata straordinaria. ‘L’imbarazzo di Dio – il titolo di questo libro – nasce proprio così: da un’insopportabile senso d’imbarazzo. Maggio: il mese delle rose, dei compleanni di casa mia, del Giro d’Italia. Fino all’anno scorso. Dall’anno scorso maggio è diventato il “mese dell’imbarazzo”. Dietro le sbarre della mia patria galera ho raccolto una storia. Non ve la racconto: perderebbe il sapore. La ascoltiamo’: ha esordito così don Pozza e sull’altare ecco apparire due donne. Sembravano due normali amiche e nessuno immaginava che – incarnato nelle due signore a braccetto – stesse transitando un miracolo: il prodigio dell’amore, del perdono, della riconciliazione. Claudia Francardi, 45 anni, e Irene Sisi, 39 anni, sono due donne divise da una tragedia. L’una è la vedova del carabiniere ucciso vicino al rave party di Sorano il 25 aprile 2011, l’appuntato scelto Antonio Santarelli. L’altra è la mamma del ragazzo che l’ha ucciso, Matteo Gorelli, 22 anni, condannato a venti anni per l’omicidio. Dovrebbero, o potrebbero, odiarsi e, invece, sono diventate amiche. E sapere il motivo per cui sono tante volte insieme non può che straziare e aprire il cuore nello stesso istante. Ad unirle non è stata una scelta inconsapevole, legata alla depressione che le ha colte nella tragedia. Il loro è, come lo hanno chiamato le due protagoniste, «un percorso di riconciliazione», il dolore che supera l’odio e la rassegnazione. E che diventa, grazie anche alla fede che le accomuna, una fonte di nuova luce. Una luce imbarazzante. L’imbarazzo di Dio, appunto.

‘Capita che assisti a una “lezione” di umanità cristiana con testimonianze compassionevoli di due donne minate da dolore e rancore, che, con enorme coraggio ed imbarazzante volontà, condividono e interpretano l’evangelica realtà. C’é bisogno di imbarazzo! Grazie don Marco’: parole di Paolo da Calvene ma che oggi si rincorrevano per le strade di Cogollo e dell’intera provincia.

 

di Redazione Thiene on line (Foto di Gigi Abriani)

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia