Si chiamano Nema Cabo Suate e Loveness Phiri e sono due bambine rispettivamente di 10 e 11 anni, del Mozambico la prima, del Malawi l’altra.  Per loro ci sarà un futuro di istruzione e di crescita grazie all’ASD Rozzampia, l’associazione thienese di calcio

che da ottobre scorso ha attivato due progetti di adozione a distanza.

Non solo sport e non solo calcio, dunque, per la società sportiva thienese, ma anche una sensibilità sociale davvero encomiabile per la squadra di 24 giocatori, dai 20 ai 38 anni  assieme ai dirigenti e allenatori, che hanno maturato l’idea dell’adozione a distanza durante il ritiro di fine estate a Posina. Detto fatto, perché ad inizio stagione hanno deciso di rinunciare tutti ad una birra al mese e devolvere il corrispettivo di due euro al finanziamento del progetto che hanno appunto intitolato: Una birra in meno, un bambino in più.

“A dire il vero è un progetto che avevamo in mente già da tempo – spiega il presidente Franco Melotto – e che ora siamo riusciti finalmente ad attuare grazie alla disponibilità di tutti. Il Rozzampia non è nato solo per raggiungere obiettivi calcistici: da noi non ci sono rimborsi per i giocatori o per le visite mediche. La solidarietà e la volontà di fare qualcosa per gli altri ispirano la nostra filosofia societaria e accompagnano la gratuità che contraddistingue la nostra attività sportiva”. Al progetto per aiutare Nema e Loveness hanno aderito anche gli sponsor Baldi Electric, Officine Cappellotto, MicroMetal, Melotto Gomme e Linottica.

“Apprezzo moltissimo e condivido appieno l’iniziativa – commenta con soddisfazione l’assessore comunale, Giampi Michelusi, che dell’etica e della finalità educativa dello sport ha fatto il cavallo di battaglia della propria intensa attività amministrativa –. Con questo progetto la società diventa un esempio da imitare, perché dimostra di essere un’associazione sportiva che non è solo legata a risultati agonistici, ma orientata a condividere e a sostenere importanti iniziative sociali. Lo stesso calcio Rozzampia, dal punto di vista etico – continua Giampi Michelusi – è già ben strutturato al proprio interno nell’applicare un rigido codice etico. Ad esempio, se un ragazzo si comporta male in campo e non viene sanzionato dall’arbitro, sono gli stessi dirigenti sportivi a provvedere, fino all’esclusione dalle competizioni sportive”.

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