Il 12 marzo è ormai una data simbolica per l’Italia, poiché dal 2020 è stato istituito come la Giornata Nazionale di Educazione e Prevenzione contro la Violenza nei confronti degli Operatori Sanitari e Sociosanitari. Questa giornata serve a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni su un fenomeno che ha raggiunto proporzioni allarmanti: la violenza nei confronti di chi lavora nel settore sanitario e sociosanitario.

Negli ultimi anni, infatti, i dati parlano chiaro. Le aggressioni subite dagli operatori sanitari sono aumentate esponenzialmente. Nel 2020 sono state registrate circa 220 aggressioni; nel 2021 il numero è salito a oltre 660, per arrivare quasi a 900 nel 2022. Ma il dato più preoccupante è quello del 2023, con ben 2230 episodi di violenza. Queste aggressioni non riguardano solo il personale medico e infermieristico, ma anche gli operatori sociosanitari, che si trovano quotidianamente a interagire con pazienti vulnerabili e a rischio.

Le vittime sono prevalentemente donne, e in particolare la fascia di età più colpita è quella compresa tra i 30 e i 59 anni. Questo dato non solo ci dice della vulnerabilità di chi lavora nei reparti più complessi, ma anche di un fenomeno che coinvolge maggiormente il personale femminile, che ancora oggi è predominante in molte professioni sanitarie.

Il fenomeno della violenza contro gli operatori sanitari è un tema che non può più essere ignorato. Si tratta di un problema che colpisce l’intero sistema sanitario e sociosanitario, mettendo a rischio la qualità dei servizi e la sicurezza di chi lavora per il bene della collettività. Le aggressioni fisiche e verbali sono la punta dell’iceberg di una cultura del conflitto che, purtroppo, sta prendendo piede in molte strutture sanitarie. Stress, frustrazione e difficoltà nei rapporti con pazienti e familiari contribuiscono a innescare episodi di violenza, ma è evidente che sono necessari interventi strutturali per evitare che questi episodi diventino sempre più frequenti.

L’assessore alla Sanità del Veneto ha sottolineato l’importanza di una riflessione profonda su questo fenomeno, ricordando che è necessario un cambio culturale profondo per proteggere chi ogni giorno si dedica alla salute e al benessere della comunità. «Chi opera all’interno del Servizio sanitario e vive a contatto quotidiano con i pazienti svolge un ruolo delicato, che deve essere tutelato e sostenuto in ogni momento», ha affermato. La violenza contro gli operatori non è solo un problema di ordine pubblico, ma una questione di giustizia sociale. La sicurezza degli operatori sanitari deve essere una priorità, non solo per il loro benessere, ma anche per la qualità del servizio che offrono ai cittadini.

Il cambiamento deve partire dalla sensibilizzazione dell’intera società. È fondamentale che pazienti, familiari e cittadini comprendano il ruolo insostituibile degli operatori sanitari e sociosanitari, e che il dialogo tra le diverse figure professionali venga incentivato. Le istituzioni devono inoltre fare la loro parte, attuando politiche di sicurezza più stringenti e migliorando le condizioni di lavoro di chi ogni giorno si trova a fronteggiare situazioni di forte stress.

Le aggressioni fisiche o verbali non sono accettabili in nessun contesto, figuriamoci in quello sanitario, dove le persone si recano per essere curate, non per aggredire chi lavora al loro fianco. È quindi fondamentale che la Giornata Nazionale di Educazione e Prevenzione non resti solo una ricorrenza simbolica, ma che diventi l’occasione per un impegno concreto a favore di chi ogni giorno dedica la propria vita a prendersi cura degli altri.

Solo attraverso un lavoro sinergico tra istituzioni, professionisti della sanità e cittadini sarà possibile contrastare questo fenomeno e garantire una maggiore sicurezza a chi opera nel settore sanitario.

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