Ha remato da sola attraverso l’Atlantico, senza supporto e senza scalo, per 97 giorni. Ha affrontato orche, squali e barracuda. Eppure, il momento in cui Zara Lachlan ha davvero temuto per la sua vita è stato “quando una nave cargo è passata a 0,1 miglia da me (circa 180 metri, ndr) senza accorgersi della mia presenza. Nell’oceano, quella distanza è niente. Non mi aveva visto sul sistema di tracciamento AIS. Poteva finire davvero male”.

Invece è finita benissimo per la britannica che sabato è diventata la prima donna e la persona più giovane al mondo a compiere la traversata remando, dall’Europa continentale al Sud America. Un’impresa epica, anche se non ha battuto il record di velocità: appena 19 ore in più rispetto al primato esistente.

“Avrei preferito fallire di tre settimane che di 19 ore”, ammette. “Mi sono ritrovata a rianalizzare ogni singolo giorno, a chiedermi: e se avessi fatto qualcosa di diverso?”.

TRA SQUALI E ALLUCINAZIONI

Partita dal Portogallo il 27 ottobre, Lachlan ha dovuto affrontare condizioni meteo avverse per oltre un mese. “Remavo fino a 22 ore al giorno solo per non arretrare”, racconta. Il vento la costringeva a gettare l’ancora galleggiante e a concedersi solo brevi pause di sonno.

Uno squalo l’ha seguita per 45 minuti dopo che si era ferita a una gamba, un barracuda le ha morso un piede. “Ma ero più preoccupata di prendere un’infezione che di essere mangiata”, scherza parlando al Telegraph.

A metterla a dura prova anche la solitudine. Ha iniziato ad avere allucinazioni. “Ero circondata da cavalli grigi che correvano sulle onde. E una volta ho visto uccelli trasformarsi in fiori. Non mi ha spaventato, anzi, era quasi bello”.

Unico contatto con la realtà, la telefonata quotidiana al fidanzato tramite telefono satellitare. “Direi che mi ha aiutata a rimanere sana di mente, ma probabilmente lui direbbe che mi ha solo visto sempre più arrabbiata”.

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