“Assurdo che Zaia non si possa ricandidare. E’ il più amato”. Nelle parole di Paolo Tosato, vicepresidente leghista della Commissione Affari Costituzionali del Senato, c’è tutto lo spauracchio in vista di un possibile scippo politico: perdere il Veneto non sarebbe cosa da poco e, almeno così il popolo racconterebbe, risulta difficile trovare un nuovo volto che tra le fila del Carroccio possa soppiantare quello del Doge. Ma per Andrea Martella, segretario regionale del Partito Democratico Veneto, già si parla della fine di un ciclo politico: “è stucchevole e infantile il tentativo disperato della Lega veneta di aggrapparsi all’idea di avere lo stesso leader per sempre”. La poltrona di Zaia fa gola e anche nella Meloni&C sono pronti a sparecchiargli la tavola.
Mandato numero 3, sì o no? Non solo al Veneto interessa questo quesito anche se, a conti fatti e grazie ad una legge regionale del 2015, Zaia andrebbe per il quarto mandato: nel marzo del 2010 diventa con oltre il 60% dei voti presidente della Regione Veneto. Carica che mantiene nelle successive elezioni del 2015 e del 2020. Ad oggi, la possibilità di allungare il mandato regionale riguarda oltre al Veneto anche la Campania. Nel 2028 Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Un terzo mandato che non convince l’attuale Governo in carica e che per Meloni, pronta a sbarcare in terra veneta, non si deve fare. La materia è di competenza nazionale e la singola Regione non può legiferare in tal senso: sta alla Corte Costituzionale levare tutti i dubbi.
In una intervista a Rete Veneta, Luca Zaia dice che aspetta. Attende che tutti gli altri decidano e poi lui muoverà i suoi passi. Si lascia aperte un bel po’ di porte. Su un suo eventuale posto agli Interni, al direttore di Rete Veneta Luigi Bacialli risponde “sono candidato a tutto”. Cosa che non farebbe piacere a Salvini nel trovarselo tra i piedi a Roma. Intanto il Doge non manca di ribadire che quanto fatto in Veneto lo ha fatto ‘con il cuore’. E di fondo in lui, ma in quanti si agganciano a lui per una carriera politica, chiudere la porta veneziana di Palazzo Balbi e non per sua scelta risulta comunque difficile da digerire.
Crepe del centrodestra. Perdere il Veneto, per la Lega, sarebbe un abominio. Per il Pd la fine di ciclo politico durato anche troppo a lungo e tendente alla nausea. “In Veneto siamo uniti e determinati nel rivendicare la candidatura di un Presidente della Lega. Sarebbe assurdo che nel momento in cui a Roma viene approvata la legge sull’Autonomia proprio in Veneto non vi sia un presidente pronto a rivendicarla e a continuare la trattativa avviata con il governo- ha dichiarato Tosato a Ansa-Assurdo inoltre che non possa ricandidarsi l’amministratore più amato di sempre in Veneto. Mi riferisco a Luca Zaia. Le logiche spartitorie della politica non dovrebbero avere il sopravvento sulla evidente volontà degli elettori”.
Sulle intenzioni di Fratelli d’Italia, invece, è stato molto chiaro Ciriani. Fedelissimo di Meloni e ministro per i rapporti con il Parlamento rivendica al partito la scelta del candidato veneto e boccia l’ipotesi del terzo mandato. “Pur non volendo mostrare atteggiamenti ultimativi, Fratelli d’Italia nel Nord-Est è stato di gran lunga il primo partito, sia alle politiche che alle europee- ha dichiarato Ciriani a La Stampa-Mi pare impossibile pensare che non tocchi a noi indicare il nome. Comunque ne discuteranno i leader, in questo momento la Lega già governa, oltre al Veneto, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e provincia autonoma di Trento. A spanne sono 17 milioni di abitanti. Mi pare che FdI si trovi nella posizione di avere qualcosa di più. E non è per rivincita o rivalsa, ma per oggettività”. Per Ciriani, infine, assurda anche l’idea di allungare la conclusione del mandato di Zaia dall’autunno 2025 alla primavera del 2026: nel mezzo c’è la fiaccola delle olimpiadi invernali di Milano Cortina che al Doge tanto piacerebbe tenere in mano, ma l’ambizione politica a scalzarlo dal suo feudo è forte e non solo nei meloniani.
P.V.
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