“Vorrei che si capisse che la mia e quella di molti sindaci veneti non è una chiusura dettata da pregiudizi e tanto meno dall’indifferenza per le sorti di persone disgraziate, ma dalla convinzione che dicendo ancora una volta di sì il problema dell’accoglienza di questa gente non verrà mai seriamente affrontato da chi ha le competenze, le responsabilità, le risorse e gli strumenti legislativi per cercare di risolverlo”.

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ribadisce la sua posizione di contrarietà all’arrivo nei Comuni veneti dei profughi provenienti da Lampedusa e da Dublino. “Se di fronte a questa soluzione dettata dallo Stato – sostiene ancora Zaia – si registra un coro di ‘non ce la facciamo’, ‘non abbiamo le strutture’, proveniente da tutto il territorio, indipendentemente dal colore delle amministrazioni locali, ci sarà pure un motivo. Qui non si tratta di chiudere le porte in faccia a dei bisognosi, ma di far capire a chi ostinatamente, a ogni emergenza, scarica le complicazioni distribuendole nei diversi Comuni, che così non si può andare avanti. Oggi i profughi sono 85, l’anno scorso erano qualche centinaio, domani chissà… Così non si aiuta chi di sofferenze ne ha già patite tante e si danneggia una volta di più le amministrazioni locali che in questi anni dai governi centrali hanno preso uno schiaffo dietro l’altro”.

Il no corale dei sindaci arriva a poche ore dall’invio di una lettera firmata dal prefetto di Venezia, Domenico Cuttaia, nella quale si chiedeva in pratica ai vari sindaci la disponibilità ad ospitare alcuni dei 130 profughi in arrivo nella nostra regione. Come dire, tutti insieme possiamo risolvere il problema con un limitato impatto sociale. Ma la richiesta non è andata giù alla stragrande maggioranza dei primi cittadini interpellati. Primi tra tutti i sindaci leghisti, che su questo argomento non intendono cedere un millimetro.

E’ quindi ancora muro contro muro tra le posizioni capitanate, per così dire, da un lato dal presidente regionale Zaia e dall’altro dal Patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, che nei giorni scorsi, riprendendo il concetto espresso da Papa Francesco nell’ultimo Angelus del 2013, aveva dichiarato: “Capisco i disagi, capisco che certe popolazioni siano sotto una pressione maggiore di altre, però sono convinto che la cultura veneta oltre ad amare la propria identità sia anche una cultura capace di accogliere. Ci sono 85 persone che chiedono di essere accolte per vivere normalmente. Se Papa Francesco pone la persona al centro, al di là di quello che possono essere anche le visioni ideologiche, credo che bisogna rispettare la centralità della persona”.

Nel mezzo c’è il sindaco di Jesolo, Valerio Zoggia, alle prese con una situazione spinosa: “E’ troppo facile dire no, i sindaci non si possono opporre alle decisioni del ministero – ha puntualizzato il sindaco alcuni giorni fa -. Ho però formulato una precisa richiesta, quella di poter accogliere a Jesolo, nel centro della Croce Rossa, donne e bambini, nuclei familiari in difficoltà, ovvero persone che hanno necessità di aiuto e sostegno e non rappresentano un pericolo per la città. In questo caso non sarei assolutamente contrario. Sarei e sono contrario a eventuali altri arrivi”.

Gli 85 di Lampedusa nel frattempo sono diventati 130, a causa dei 45 cosiddetti “dublinanti”, dal nome della città dove è stato sottoscritto l’accordo internazionale di collaborazione: si tratta di profughi che si trovano in condizioni di particolare necessità (malati, bambini, donne incinte) e che dunque necessitano di immediata accoglienza in strutture idonee. Da qui la richiesta del Prefetto di Venezia, che al momento però non ha trovato sponde.

di redazione Thiene on line

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