È fondamentale il ruolo dei giornalisti nel diffondere informazioni utili allo sviluppo della consapevolezza sulla violenza di genere, che possano motivare la società civile al suo sradicamento. Lo mostra il balzo in avanti nel 2024 delle richieste di aiuto al numero anti violenza e stalking 1522, anche come effetto positivo di una migliore attività di comunicazione su web, tv, giornali e campagne di sensibilizzazione. “Proprio dalla convinzione che contribuire ad aiutare i giornalisti a raggiungere una comprensione più profonda del fenomeno possa motivare la società civile ad agire, nasce e prosegue l’impegno del Gruppo Menarini a sostegno di corsi che aiutino gli specialisti dell’informazione a capire e raccontare la violenza con le parole giuste, fornendo fonti, dati, conoscenze medico-scientifiche, psicologiche e normative”, commenta Valeria Speroni Cardi, direttore della comunicazione del Gruppo Menarini. Nel 2023 i femminicidi hanno rappresentato quasi il 36% di tutti gli omicidi commessi, i casi di maltrattamento in famiglia che hanno avuto come oggetto una donna sono stati 17.789, gli atti persecutori 12.061 e i casi di violenza sessuale 5.421. E, secondo i dati del Ministero dell’Interno, dall’inizio di quest’anno ad oggi le vittime sono già state 97. In questo quadro, i media hanno avuto un effetto amplificatore della capacità delle donne di chiedere aiuto. E’ significativo che, alla luce delle più recenti rilevazioni ISTAT, ci sia stato un incremento dell’83,5% delle richieste di aiuto al numero anti violenza e stalking 1522 per effetto dei media che, dal confronto tra il primo trimestre del 2023 e il primo trimestre del 2024, sono passate da 2.331 a 17.880- sottolinea Mirella Taranto, capo ufficio stampa dell’Istituto Superiore di Sanità, tra i relatori del corso svolto di recente a Firenze- Tale incremento si conferma anche nel secondo trimestre del 2024, seppur di minore intensità, con il 57,4% pari a 15.109 chiamate. Con l’obiettivo di accrescere le capacità di individuazione, diagnosi e trattamento della violenza di genere e prevenire i casi di re-vittimizzazione, l’ISS ha finora formato 18.000 operatrici e operatori sanitari in 651 pronto soccorsi italiani”.

Un’informazione sempre più corretta e responsabile è necessaria anche per aiutare a realizzare un vero e proprio scatto culturale e manageriale nei servizi a cui si rivolgono in emergenza le donne che hanno subito violenza. Infatti, nonostante l’impegno per offrire una risposta sanitaria qualificata e tempestiva da parte di enti, istituzioni regionali, della rete territoriale Codice Rosa e dei Centri Antiviolenza, le donne che hanno subito violenza rischiano di continuare a essere vittime se non vengono aiutate nei modi e tempi corretti. Nel 2022 gli accessi alle strutture di emergenza-urgenza per violenza sono stati quasi 15 mila, all’incirca 5 ogni 10mila donne, e si sono resi necessari 1.196 ricoveri. È quindi importante che le strutture abbiano sufficienti operatori sanitari preparati a una presa in carico tempestiva e idonea della vittima, che ne sappiano riconoscere e identificare le lesioni fisiche o psicologiche, che le supportino e possano fornire assistenza, eventualmente, anche a minori che le accompagnano, da considerarsi come vittime speciali. “Il modello di Codice Rosa prevede che nei pronto soccorso e negli ospedali ci sia una rapida accoglienza, anche solo nei casi di sospetta violenza di genere, che devono essere gestiti in luoghi dedicati, dove sia massima la riservatezza della donna. Ma soprattutto è importante agire in squadra. Il che vuol dire avere dei percorsi condivisi con enti, istituzioni e con le associazioni, in un’alleanza che coinvolge anche gli organi di comunicazione”, afferma Vittoria Doretti, tra i relatori dei corsi, Responsabile Rete Regionale Codice Rosa – Regione Toscana ed esperta CTS dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e la violenza di genere della Presidenza del Consiglio dei Ministri DPO. “L’aumento repentino nel 2024 del numero di chiamate al 1522, influenzato da una maggiore e più corretta attenzione dei media, del cinema e dei social al fenomeno della violenza di genere, ha confermato il ruolo centrale della formazione nei cambiamenti culturali. Per far sì che i femminicidi non si consumino nel silenzio, per rendere consapevoli le donne che subiscono violenza che chiedere aiuto è possibile, è necessario un maggiore impegno di tutti gli attori della rete di accoglienza a fornire risposte più adeguate e sinergiche”, aggiunge Alessandra Kustermann, intervenuta nei corsi, già Direttrice di Unità Operativa Complessa di Ginecologia e Ostetricia, ‘Pronto Soccorso ostetrico-ginecologico, Soccorso Violenza Sessuale e Domestica e Consultorio Familiare’ dell’IRCCS Ca’ Granda Policlinico di Milano”

Il tempo che medici e infermieri dovrebbero dedicare a una vittima di violenza, sottolinea Kustermann “non è compatibile con l’attuale situazione di sovraaffollamento dei pronto soccorso. Avere scritto cinque anni fa le linee guida per la sanità, avere formato all’accoglienza le/gli operatrici/operatori può essere oggi reso vano dalla carenza di personale qualificato. Le prestazioni sanitarie dovrebbero stare al passo con l’aumento delle richieste di aiuto da parte delle donne”. “Secondo l’indagine Istat sugli stereotipi sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza, è infatti ancora diffuso un atteggiamento di tolleranza nei confronti della violenza fisica all’interno della coppia, specialmente tra i giovani che ritengono accettabile che l’uomo abbia controllo sulla propria compagna”. Lo riferisce Danila Pescina, psicologa e criminologa tra i relatori dei corsi, che spiega: “Si innesca, quindi, fin dai primi anni dell’età adulta, un comportamento a favore dell’abuso nelle sue forme più disparate”. Tra gli individui della fascia di età dai 18 ai 29 anni che hanno preso parte all’indagine ISTAT, il 16,1% ritiene accettabile che “un uomo controlli abitualmente il cellulare o l’attività sui social network della propria moglie o compagna”, quasi il 4% sostiene che un ragazzo possa schiaffeggiare la sua fidanzata perché “ha civettato o flirtato con un altro uomo” e circa il 5% crede sia normale che “in una coppia ci scappi uno schiaffo ogni tanto”. Simili dati sono emersi anche dall’indagine condotta da Fondazione Libellula nel 2023, “La violenza di genere in adolescenza”, sulla percezione e il vissuto della violenza di genere nell’adolescenza e tramite la quale sono state raccolte le risposte di ragazzi e ragazze di età compresa tra i 14 e i 19 anni, provenienti da tutta Italia. Circa un giovane su tre non riconosce gli atteggiamenti di controllo come una forma di violenza, incasellando invece tali comportamenti come sfaccettature di una relazione amorosa. Dati che ancora una volta evidenziano come quello della violenza non sia un problema generazionale, quanto piuttosto un atteggiamento culturalmente radicato. “Questi giovani adulti non sono nati in un’epoca di sostanziale patriarcato sociale, ma nonostante ciò, continuano a presentare una mentalità di sopraffazione dell’uomo sulla donna, perché le famiglie continuano a trasmettere questo modello e i giovani non comprendono il linguaggio della prevenzione che pur è stato fatto negli anni. La violenza di genere si deve considerare come un atteggiamento strutturale che deve essere sradicato”, conclude Pescina.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia