“È un’emozione incredibile perché, a distanza di un anno dalla notizia che era mancata la mia Giulia, facciamo nascere qualcosa”. Sono le parole di Gino Cecchettin, papà di Giulia, arrivando alla Camera dei deputati per la presentazione della Fondazione dedicata a sua figlia per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere.
La Fondazione si occuperà di “progetti di educazione all’affettività e all’amore, che erano insiti nella vita di Giulia”, ha spiegato Cecchettin.
Alla domanda se, a suo parere, fosse cambiato qualcosa a livello culturale a un anno di distanza dal femminicidio di Giulia, Gino Cecchettin ha sottolineato che “noi ci stiamo lavorando come Fondazione e penso che se siamo qui così tanti qualcosa si stia muovendo”.
I pilastri dell’azione della Fondazione saranno “l’educazione all’affettività, quindi formazione, e lavorare di concerto con le altre associazioni e le altre fondazioni. Noi vorremmo essere inclusivi e poi aiutare le ragazze nel loro percorso di studi”. A ispirare questa iniziativa, ha concluso Cecchettin, “è stata “la vita stessa di Giulia e l’amore che provo per lei”.

Valditara: “Occorre battaglia culturale, non ideologica”

“La possibilità libera e non discriminata di avere varie opportunità di realizzazione personale e professionale, è un obiettivo fondamentale di chi crede nei valori della dignità di ogni persona. E per perseguirlo abbiamo di fronte due strade: una è concreta e ispirata ai valori costituzionali, l’altra è la cultura ideologica. In genere i percorsi ideologici non mirano mai a risolvere i problemi, ma ad affermare una personale visione del mondo. E la visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, in un videomessaggio inviato in occasione della presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin alla Camera dei deputati. Secondo il ministro, “Massimo Cacciari ovviamente esagera quando dice che il patriarcato è morto duecento anni fa, ma come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia la famiglia fondata sulla eguaglianza”. Ma, ha sottolineato Valditara, “nel nostro Paese ci sono ancora residui di maschilismo, di machismo, che vanno combattuti e che portano a considerare la donna come un oggetto”. Il maschilismo, ha continuato il ministro, “si manifesta in tanti modi, con la discriminazione sul posto di lavoro, con il cosiddetto catcalling, con la violenza. Poi c’è il tema del femminicidio, che allarma sempre di più: se una volta era frutto di una concezione proprietaria della donna, della famiglia, della moglie, oggi sembra più il frutto di un’immaturità narcisistica del maschio che non sa sopportare le donne”. Per Valditara “è dunque una battaglia culturale e parte innanzitutto dalla scuola, coinvolgendo le famiglie e coltivando relazioni improntate al rispetto verso il ruolo e il lavoro della donna, perché la nostra Costituzione non ammettere discriminazioni fondate sul sesso”.

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