Nella speciale classifica dei furbetti del reddito di cittadinanza, continua a correre la nostra provincia.

Gli indebiti percettori del contributo sociale scovati dalla Guardia di Finanza di Vicenza in questi ultimi mesi sono ben 46, mentre le frodi rilevate ammontano a 350.000 euro. I contributi richiesti ma non ancora riscossi, secondo il report dei finanzieri vicentini, assommano a ulteriori 33.000 euro.

Le storie svelate dai controlli sono sempre le solite. C’è chi ha omesso di indicare tutti i redditi percepiti negli anni interessati dalla domanda, c’è chi ha scordato di indicare le condanne definitive intervenute nei 10 anni precedenti la richiesta del beneficio del Reddito di Cittadinanza. C’è poi chi ha omesso di indicare l’abitazione di residenza, o chi ha “confuso” l’abitazione di residenza dei componenti del proprio nucleo familiare. C’è poi chi era “semplicemente” privo del requisito di onorabilità, e così via.

In un caso, il percettore, di spiccato profilo criminale in quanto gravato da plurime condanne per droga e reati contro la persona, già più volte destinatario di misure di prevenzione previste dal Codice Antimafia, ha presentato la domanda per l’erogazione del reddito di cittadinanza mentre era sottoposto a misure restrittive della libertà personale.

Ma non è stato il solo. I furbetti con precedenti di polizia, sottoposti a misure restrittive, o che hanno semplicemente “dimenticato” che qualche proprio famigliare era stato destinatario di condanne, sono stati più di uno.

In un altro caso, il percettore del reddito di cittadinanza, aveva trovato un modo “ingegnoso” di investire il contributo: il furbetto, infatti, si era giocato tutto online, percependo vincite per € 89.628,80 nel 2019 e € 63.007,67 nel 2020, soldi che però aveva “dimenticato” di indicare nella propria dichiarazione ISEE e nella domanda per ottenere l’aiuto.

Inutile dire che la misura, per come concepita, se pur nobile negli obiettivi, ha fatto acqua da tutte le parti. Sarebbero bastati dei semplicissimi e rapidi controlli preventivi per impedire il susseguirsi e moltiplicarsi di evitabilissime frodi.

Un semplice accesso agli archivi dei Sistemi d’indagine posti a disposizione delle Forze di Polizia, o la verifica su uno delle decine di archivi telematici in uso alla Pubblica amministrazione, avrebbe fatto immediatamente emergere posizioni incompatibili con la percezione del reddito di cittadinanza.

Un’incredibile leggerezza che continua ancora oggi a costare milioni e milioni di euro ai contribuenti italiani.

Fabrizio Carta

 

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