AGI – Secondo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, “le risorse, destinate principalmente ai rinnovi contrattuali del personale non consentiranno di attuare il piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri fortemente voluti dal Ministro Schillaci, nè tantomeno di eliminare il tetto di spesa per il personale sanitario, contrariamente a quanto previsto dal Dl Liste di attesa.
“Tuttavia le modalità con cui vengono presentati nell’art. 47 gli importi per gli anni successivi – spiega Cartabellotta – risultano fuorvianti: i 5.078 milioni per il 2026, 5.780 milioni per il 2027 e le cifre sino al 2030 indicano infatti l’incremento cumulativo del FSN e non gli stanziamenti specifici per ciascun anno”. Gli aumenti effettivi previsti dalla Manovra sono: 4.062 milioni nel 2026 (+3%), 536 milioni nel 2026 (+0,4%), 883 milioni nel 2028 (+0,6%), 1.062 milioni nel 2029 (+0,7%) e 1.173 milioni dal 2030 (+0,8%).
“Di conseguenza – commenta il Presidente – la Manovra, nonostante gli annunci, non prospetta alcun rilancio progressivo del FSN, lasciando il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con risorse insufficienti per affrontare le crescenti necessità di cittadini e professionisti”.
Il trend del FSN mantiene infatti l’andamento consolidato sino al 2026, per poi tornare a livelli del periodo pre-pandemia. L’art. 47 sul “Rifinanziamento del Servizio Sanitario Nazionale” individua 15 articoli con le misure da finanziare.
“Tuttavia, se da un lato quasi tutte le misure previste dalla Manovra sono a valere sul FSN – spiega Cartabellotta – lascia molto perplessi il fatto che gli incrementi annuali del FSN non siano sufficienti a coprire tutte le misure previste. Di conseguenza le Regioni, per riuscire a realizzare tutti gli obiettivi previsti dalla Legge di Bilancio 2025 per la sanità, dovranno operare scelte drastiche: razionalizzare la spesa, tagliare altri servizi o aumentare l’addizionale IRPEF”. Ad esempio nel 2026, a fronte di un aumento del FSN di 4.062 milioni, sono previste misure per un totale di 2.372,5 milioni, senza considerare il trattamento accessorio (art. 18) e il rifinanziamento del fondo per la contrattazione collettiva nazionale per il personale pubblico (art. 19).
La Manovra include anche altre misure che avranno un impatto economico sulle Regioni, ma che non sono contemplate nell’art. 47: la sperimentazione della riforma sulla disabilità (art. 38), il fondo nazionale per il contrasto alle dipendenze comportamentali dei giovani (art. 40), il fondo per gli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi (art. 41). Per l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza e degli importi tariffari (art. 51 c. 1), i 50 milioni annui stanziati a partire dal 2025, sono secondo Cartabellotta “assolutamente insufficienti, aumentando il rischio concreto di ulteriori ritardi nell’esigibilità delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di protesica, ormai al palo da 8 anni”.
Al contrario, una quota significativa di risorse viene destinata all’aggiornamento delle tariffe per remunerazione delle prestazioni per acuti e post acuzie (art. 50). Nello specifico, spiega il Presidente, “nel 2025 sono previsti 77 milioni per le prestazioni post-acuzie, mentre dal 2026 si stanzieranno 350 milioni per le prestazioni post-acuzie e 650 milioni per quelle per acuti, per un totale di 1 miliardo annuo”. Relativamente alle misure per abbattere le liste di attesa, è previsto un ulteriore aumento del tetto di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati (art. 48), che crescerà dello 0,5% per il 2025 ( 61,5 milioni) e dell’1% dal 2026 ( 123 milioni). Inoltre sono introdotte premialità per le Regioni (art. 64) che rispettano i criteri sui Livelli Essenziali di Assistenza sulle liste d’attesa, con uno stanziamento di 50 milioni nel 2025 e 100 milioni dal 2026.
“Ancora una volta – conclude Cartabellotta – la Legge di Bilancio tradisce le legittime aspettative di professionisti sanitari e cittadini, oggi alle prese con un SSN in grande affanno nel rispondere ai bisogni di salute della popolazione. Soprattutto per la progressiva carenza di personale, in particolare infermieristico, che vive una stagione di demotivazione e disaffezione per la sanità pubblica senza precedenti. Dall’analisi delle risorse assegnate alla sanità emergono quattro punti estremamente critici. Innanzitutto la “cosmesi” sul FSN per il 2025, che tradisce ampiamente i proclami dell’Esecutivo: l’incremento reale è di soli 1,3 miliardi, rispetto ai 3,5 miliardi annunciati, rendendo impossibile soddisfare le richieste dei professionisti sanitari, che infatti hanno già annunciato uno sciopero per il 20 novembre. In secondo luogo, l’unico reale incremento di risorse è previsto solo nel 2026, quando lo Stato potrà disporre delle liquidità derivanti dalla sospensione del credito di imposta delle banche. Terzo, le risorse si disperdono in troppi rivoli, senza una chiara visione di rilancio del SSN, con un numero eccessivo di misure rispetto alle risorse assegnate, a valere sul FSN: una (non) strategia che finirà per mettere le Regioni davanti a un bivio, costrette a scegliere da quale lato “tirare” una coperta troppo cort