“E’ inutile”. Cartellino rosso al cannone antigrandine che verrà piantato a Mirabella di Breganze da parte di chi della meteorologia ne ha fatto la propria professione, tra cui i meteorologi Luca Mercalli e Marco Rabito. Con loro un gruppo di esperti che dicono: “è uno spreco di soldi pubblici. Contro la grandine valide le reti e le assicurazioni”.

La scienza torna quindi a ribadire il suo ‘no’ alle stazioni di sparo a onda d’urto. Oltre a Mercalli e a Rabito anche il presidente dell’Ampro Pierluigi Randi, il forestale ed esperto in meteo Alberto Gobbi, l’ingegnere Davide Rosa e Piergiorgio Laverda, fisico e storico, alla notizia del cannone antigrandine che verrà installato nella frazione di Mirabella di Breganze tornano a ribadire l’inefficacia di un sistema antigrandine che ha messo piede ancora nel 2007: “al momento dell’acquisto dei primi cannoni da parte della allora Comunità Montana dall’Astico al Brenta si parlò di fase sperimentale: dove sono i dati di questa sperimentazione? Non ci risulta siano mai statu pubblicati e messi a disposizione dei cittadini.Ora si ha l’intenzione di affidare alla Cooperativa Pedemontana del Brenta, che attualmente si occupa di olivicoltura, il compito di condurre questa sperimentazione e monitorarne i risultati. Osserviamo che, al di la della buona volontà dei soggetti incaricati, uno studio di questo tipo richiede profonde competenze nel campo della meteorologia, della fisica dell’atmosfera e anche della statistica che si possono ritrovare solamente nelle istituzioni scientifiche ed universitarie”.

Contribuenti che questi cannoni li pagherebbero di tasca propria, come precisa il gruppo di esperti: “Oggi una stazione di sparo viene a costare intorno ai 70mila euro e  la manutenzione incide ogni anno dai 4 ai 5mila euro Si può concludere, quindi, come in vent’anni di impiego dei cannoni nella Pedemontana Vicentina, siano state spese cifre considerevoli, dell’ordine di svariate centinaia di migliaia di Euro, per l’acquisto, la gestione e la manutenzione, tutto a carico della collettività”.

Un po’ di storia. “I cannoni a gas ad onda d’urto sono stati ideati e commercializzati già all’inizio degli anni Settanta da alcune aziende a livello internazionale. Questa tecnica all’epoca suscitò grandi entusiasmi e cospicui investimenti per poi, nel giro di pochi anni, rivelarsi del tutto priva di efficacia e cadere nel dimenticatoio Si è voluto resuscitarla mezzo secolo fa utilizzando nuove stazioni di sparo ev ari gruppi di ricerca hanno condotto studi e rilevazioni per appurare l’effettiva validità del sistema, confrontandolo anche con altri metodi all’epoca utilizzati quali i razzi esplodenti e l’inseminazione delle nuvole temporalesche con i sali di ioduro d’argento. Purtroppo anche per i cannoni i risultati sono stati negativi: nessuna effettiva capacità di influire sulla formazione della grandine ne tantomeno sul suo dissolvimento- continua il gruppo di esperti- Stesso risultato in Francia con uno studio condotto nel ’74 che asseriva che questo dispositivo non può provocare alcuna modificazione né sulla dinamica né sulla microfisica di un temporale a diversi stadi. Oggi questi cannoni, denominati Jet-Boom, sono prodotti in Italia da una azienda piemontese”.


Il giudizio della comunità scientifica “Le sperimentazioni attuate anche in Italia nel corso degli anni Ottanta si sono tutte concluse con un giudizio totalmente negativo tanto da far affermare, già nel 1982, al Consorzio Provinciale di difesa contro le avversità atmosferiche di Trento che ‘a tecnica di difesa con i cannoni ad onda d’urto è di nessuna utilità’. Una pietra tombale sulla validità dell’uso dei cannoni arrivò nel 2006 con un approfondito studio svolto in Olanda dal Royal Netherlands Meteorological Institute che giunse a concludere che l’utilizzo dei cannoni antigrandine non ha alcun effetto significativo sulla caduta della grandine. L’anno dopo l’ Organizzazione Meteorologica Mondiale affermò che ‘non c’è alcuna base scientifica o ipotesi credibile’ per l’uso di onde sonore per sopprimere la grandine”.

Le ragioni del ‘no’ ai cannoni antigrandini. “L’effetto provocato dalle onde d’urto è debole e insufficiente a procurare la benché minima modificazione alla struttura del chicco di grandine e inoltre le esplosioni provocate da questi ‘cannoni’ raggiungono in uscita livelli sonori molto elevati, tanto che per autorizzare la loro installazione si deve ricorrere ad una specifica deroga delle autorità sanitarie. Scoppi che si ripetono a ritmi di una ogni 10/12 secondi per periodi molto lunghi con disturbo della quiete pubblica”. 500 metri, a copertura del raggio d’azione di un cannone. “A detta del costruttore, quindi, per la copertura del territorio pedemontano vicentino auspicata dai sostenitori di questa tecnologia, occorrerebbero almeno un centinaio di stazioni di sparo con un investimento di svariati milioni di euro”. Contro la grandine reti e polizze.“L’influenza negativa sulla percezione del problema grandine da parte dei cittadini e in particolare degli agricoltori-continua il gruppo di esperti-Questo atteggiamento antiscientifico, alimentato anche da personalità delle istituzioni pubbliche, ostacola la diffusione di interventi efficaci che risiedono, come ormai arcinoto, solo nella difesa passiva delle colture e dei beni personali con le reti protettive e le polizze assicurative.

“Ci sorprende e preoccupa la cieca fiducia riposta da alcuni amministratori pubblici nei confronti di quanto dichiarato da chi produce e vende questi strumenti e ne trae un lucro, mentre scarsa o nulla considerazione viene data alle documentate considerazioni di tutta la comunità scientifica internazionale-concludono Randi, Mercalli, Rabito, Gobbi, Rosa e Laverda- Non solo non si vuole prendere atto dell’inutilità di questo sistema di difesa ma addirittura si programmano ulteriori investimenti in nuove stazioni di sparo.Come appartenenti alla comunità scientifica che da tempo si occupa di queste tematiche siamo pienamente disponibili ad un costruttivo confronto con gli amministratori pubblici mettendo a disposizione la grande mole di documentazione prodotta in tutto il mondo. Agli organi di controllo della pubblica amministrazione chiediamo di esprimersi sulla legittimità delle deliberazioni assunte da parte delle amministrazioni comunali in merito all’acquisto e alla gestione dei cannoni grandinifughi”.

di Redazione AltovicentinOnline

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