a cura di Anima Veneta
È un tranquillo mercoledì autunnale a Longarone, piccolo centro della valle del Piave (nel bellunese), con tutti gli abitanti raccolti nelle case e nei bar davanti alla yv, per il match di Coppa dei Campioni tra il grande Real Madrid di Puskas e Di Stefano e gli scozzesi dei Glasgow Rangers: corre l’anno 1963.
Passate le 22 succede qualcosa 200 metri più su che mette in allarme il guardiano della diga: un pezzo del Monte Toc sta franando, ma nessuna comunicazione arriva a valle. Le lancette segnano un quarto alle 23 e un sordo boato scuote la tranquillità delle popolazioni locali. In pochi attimi una fiumana di fango e detriti si abbatte sui centri abitati di Longarone, Erto, Rivalta, Pirago, Castellavazzo, Faè e Casso cancellandoli e trascinando corpi e cose per decine di metri.
Quasi duemila le vittime di quella che nei giorni successivi si profilerà come una tragedia annunciata, fatta di dati occultati, perizie abbandonate nei cassetti, voci e denunce di giornalisti e cittadini colpevolmente ignorate: i vigili del fuoco lavorarono ininterrottamente per 72 giorni.
La diga costruita alla fine degli anni Cinquanta dalla SADE, uno dei colossi elettrici più potenti e influenti dell’epoca, si era rivelata un progetto folle fin dai rilievi effettuati prima dell’inizio dei lavori. Che quel terreno fosse franoso i contadini della valle lo sapevano da sempre.
Emblematico il caso di una perizia in cui veniva simulato l’effetto di una frana sulla diga: non era mai arrivata al Ministero dei Lavori Pubblici e l’autore, Lorenzo Rizzato dell’istituto d’idraulica di Padova, la recupererà dal cassetto il giorno dopo la tragedia, consegnandola alla stampa.
Il processo farà emergere la triste verità di omissioni e complicità tra impresa, funzionari pubblici e periti, concludendosi con la condanna a 21 anni di galera per tutti gli imputati (uno si suiciderà prima del verdetto).
Alla tragedia saranno dedicati due film nel 1997 e nel 2001.
Ciambetti: “E’ giusto non dimenticare”

“A 61 anni dalla tragedia del Vajont è giusto ricordare le vittime di quel disastro annunciato, è giusto ricordare il dolore e la disperazione di chi ancora oggi attende giustizia”. Roberto Ciambetti, Presidente del Consiglio regionale del Veneto, a Bruxelles per la Settimana Europea delle Regioni, ha voluto commemorare “i 1910 morti assassinati, anche se il numero non è purtroppo esatto, dall’immensa onda scatenata non dalla frana del monte Toc, ma dall’insipienza degli uomini, dall’egoismo, dal porre il proprio interesse e la ricerca del profitto al di sopra del bene comune e del diritto alla vita.

In Veneto il ricordo di quei momenti è vivo e devo ringraziare le comunità di Longarone e di Erto e Casso investite da quella tragedia per essere riuscite a perpetuare il ricordo con spazi della memoria, musei ma anche con percorsi guidati nei luoghi del disastro affinché chi non visse quelle ore possa capire la portata degli eventi, domandandosi infine perché in quell’angolo tra Veneto e Friuli, sinonimo di dolore insanabile, alle 22:39 del 9 ottobre 1963 anche la Giustizia finì travolta”.

https://www.altovicentinonline.it/rubriche/la-mela-di-biancaneve/la-tragedia-del-vajont-e-una-ferita-ancora-aperta/
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