“Sicuramente la speranza e l’ottimismo sono sempre risorse positive che ci permettono di fronteggiare lo stress e di attivare tutte le nostre difese psicofisiche.
Utilizzare i canali social per condividere la malattia e non solo gli aspetti positivi della vita può anche mostrare un personaggio pubblico come Bianca Balti anche da un punto di vista più umano e più vicino alle persone che stanno affrontando la stessa patologia”. Lo spiega all’agenzia Dire la dottoressa Stefania Carnevale, psiconcologa e psicoterapeuta dell’Ordine degli psicologi del Lazio, commentando le parole di Bianca Balti: la modella ha raccontato sui social di essere stata operata d’urgenza per un cancro alle ovaie al terzo stadio e di essere pronta ad affrontare e sconfiggere il tumore. “Tra l’altro- prosegue- la signora Balti è portatrice di una mutazione genetica che l’ha resa vulnerabile allo sviluppo di questa tipologia di neoplasie femminili. E questo è un tema molto importante e molto attuale, perché si tratta di una mutazione genetica di cui sono portatrici tante donne. Basti pensare al caso di Angelina Jolie che ha fatto interventi di profilassi, un fatto positivo perché accende i riflettori non solo sulla problematica ma anche sulla prevenzione”.
“Dall’altra parte- tiene a precisare Carnevale- come psicologa posso dire che quello dei social è un messaggio che arriva a tutti e tutte e quindi dipende anche da come noi interpretiamo quel messaggio, perché ovviamente il modo in cui reagiamo di fronte a una malattia come il tumore è anche molto personale: dipende infatti da quello che siamo, dalla nostra personalità, dalla nostra storia, da tutto quello che attraversiamo anche in quella fase di vita, ad esempio se abbiamo una famiglia, abbiamo dei figli, se lavoriamo”.
“E molte volte- evidenzia la psiconcologa- può accadere che leggere questo tipo di messaggi possa ‘ingabbiare’ in una positività che in quel momento magari alcune donne, alcune persone non riescono a trovare, perché comunque il rischio è quello di sentirsi inadeguate proprio perchè affrante dalla malattia. Ecco, dunque, che è forse anche il caso di parlare di quali siano le reazioni che si provano dopo la diagnosi, dopo l’intervento: è anche normale provare paura o tristezza e non per forza dobbiamo essere immediatamente positivi o reattivi di fronte alla malattia”.
“Se poi- continua la psicoterapeuta- la nostra mente si attiva nel mettere in moto alcune risorse, ci sono alcuni percorsi che includono anche il sostegno psicologico e tutto questo permette di trasformare l’esperienza da negativa a evolutiva. In questo caso si parla della cosiddetta ‘crescita post traumatica’, ovvero la capacità di trasformare un evento stressante potenzialmente traumatico in un momento anche di crescita per la persona, quindi un processo trasformativo che si può mettere in atto quando si ha attenzione non solo alla cura della malattia, ma anche alla cura della mente e delle emozioni.”.
“Alcune donne- rende poi noto Carnevale- potrebbero provare ansia rispetto al fatto che non riescono ad aderire a un tipo di atteggiamento più positivo e più ottimistico. Quindi, paradossalmente, la paura diventa poi quella di alimentare la propria malattia e di non permettere al proprio corpo e alla propria mente di reagire”.
“Purtroppo- dice ancora l’esponente dell’Ordine degli psicologi del Lazio- quando le comunicazioni sono pubbliche, le reazioni possono essere le più complesse. C’è stato anche il caso dell’attrice Shannen Doherty, deceduta recentemente, che ha condiviso tutto sui social, ha fatto un racconto condiviso mettendo in luce sia gli aspetti aspetti negativi sia quelli positivi della propria malattia. È importante parlarne ma è importante anche dosare la comunicazione e questo non è facile, perché la comunicazione stessa arriva a migliaia di persone”.
“Il rischio di alcuni messaggi sui social- informa- può essere anche quello di generare un senso di inadeguatezza, una condizione in cui una donna non è ancora riuscita a mettersi in moto e ad accettare quello che sta accadendo. D’altro canto altre donne possono dire che se ce l’ha fatta lei possono farcela anche loro: in questo caso, le parole di Bianca Balti vengono viste come un vero e proprio messaggio di condivisione e di speranza”.
È comunque un dato di fatto che oggi anche una malattia come il cancro che colpisce una persona così famosa entri nelle vite e nelle case degli italiani e venga quasi spettacolarizzata.
“Parlare della propria condizione e condividere significa anche non essere soli- dichiara l’esperta- e questo è già qualcosa che aiuta a metabolizzare inizialmente quanto sta accadendo.
Ovviamente non dimentichiamo mai che per affrontare tutto questo è necessario che vi siano specialisti psicologi formati in psiconcologia che possano aiutare le persone nel percorso individuale. Adesso si parla tanto di medicina personalizzata: la genetica, la genomica ci danno la possibilità di fare cose meravigliose da un punto di vista oncologico. E accanto all’oncologia si è evoluta anche la psiconcologia parallelamente ai progressi della medicina”. “Quindi- conclude Stefania Carnevale- oggi di questo tema si parla di più, non vi sono più tabù e anche grazie a testimonial famosi le donne hanno minori remore anche a condurre una vita sociale e lavorativa durante le terapie e questo è importantissimo, perchè continuano con coraggio a condurre la propria vita sociale e relazionale. Parlarne sempre di più è dunque sicuramente fondamentale, ma è altrettanto fondamentale farlo attraverso un approccio multidisciplinare che comprenda anche il sostegno psicologico che deve trovare posto all’interno di ogni centro oncologico d’Italia”.
Raccontare la malattia sui social? La psiconcologa:”Bene parlarne, ma dosare la comunicazione”
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