“L’integrazione è nei fatti, prima ancora che nelle parole: con lo Ius scholae si punta soltanto ad assicurare equità di trattamento a tutti bambini riconoscendo piena cittadinanza a ragazze e ragazzi che vivono in Italia da prima del loro dodicesimo anno di età e che hanno completato un ciclo di studi di cinque anni”. La consigliera regionale de Partito democratico del Veneto, Anna Maria Bigon, rilancia la mozione depositata in Consiglio regionale nel luglio del 2022 chiedendo che la Regione “si esprima chiaramente a favore della riforma della legge sulla cittadinanza e che si faccia parte attiva di questa istanza nei confronti del governo”. Per la consigliera, “come dimostrato anche da queste ultime Olimpiadi, l’apporto di persone che a vario titolo hanno una storia personale o familiare di migrazione, è diventato strutturale e qualificante in ogni settore della vita quotidiana, dallo sport al mondo del lavoro fino all’associazionismo, per non parlare della scuola dove i bambini figli di stranieri rappresentano l’unica componente in crescita della popolazione scolastica. Come gruppo Pd lo ribadivamo, inascoltati, già due anni fa. Dobbiamo forse aspettare altri quattro anni per vedere accettato anche dalle istituzioni politiche venete questo semplice principio di realtà?”. “Prima di pensare allo ius scholae, pensiamo a risolvere i problemi che portano i nostri studenti a trasferirsi all’estero”, dice invece Giuseppe Pan di Lega-Liga Veneta. Che aggiunge: “C’è chi oggi profetizza progressismo e apertura indiscriminata, ma fino a qualche anno fa la pensava diversamente. Noi invece siamo coerenti, lo siamo sempre stati, e prima di risolvere i problemi degli altri cerchiamo di risolvere quelli in casa nostra”.
Per Pan, “dobbiamo migliorare la qualità delle nostre scuole e università per tenere in Italia i nostri ragazzi. L’Italia è il paese, in Europa, con più cittadinanze concesse agli stranieri, quindi certamente nessuno può accusarci di chiusura in tal senso. Non mi pare che all’estero i nostri immigrati veneti abbiano ottenuto e ottengano con tanta facilità la cittadinanza del Paese che li ospita. Lo dicono i dati: la maggior parte delle nuove cittadinanze (in numeri assoluti) è stata concessa dall’Italia”. E conclude: “Ora però è necessario pensare a non far scappare gli studenti italiani, le menti illuminate che fanno grande il nostro Paese”.