Sabato la Cgia di Mestre ha identificato nellapresenza di operai installatori privi di adeguata formazione una possibile concausa dell’elevato numero di decessi sul lavoro nei cantieri edili, una piaga costante tornata sulle prime pagine in seguito alla tragedia di Firenze. Secondo la banca dati Inail, ricorda la Cgia, in Italia nel 2022 sono stati denunciati 1.208 incidenti mortali nei luoghi di lavoro, di cui 175 – praticamente uno ogni due giorni – hanno interessato il comparto delle costruzioni. Tra i decessi avvenuti in questo settore ben 63 (ovvero il 36 per cento del totale), erano lavoratori del settore dell’installazione degli impianti. Secondo l’associazione artigiana, che premette di non avere dati certi, questi lavoratori, inquadrati con il contratto dei metalmeccanici, non svolgerebbero gli stessi corsi obbligatori previsti per gli edili e a volte si troverebbero addirittura a svolgere mansioni che vanno oltre le loro competenze. Abbiamo chiesto delucidazioni a Silvia Simoncini, componente della segreteria nazionale Fiom con delega su salute e sicurezza ed esperta del settore degli installatori.
Un sistema di “polverizzazione del lavoro”
L’elevato numero di morti sul lavoro nella cantieristica, sia in senso assoluto che in confronto a quello del comparto industriale, pone comunque degli interrogativi. “La questione è molto più ampia e leggerla attraverso una competizione tra contratti diventa fuorviante”, osserva Simoncini, che punta il dito su un sistema di “polverizzazione del lavoro” con “appalti e subappalti a cascata” che “rende più difficili i controlli e fa vivere i lavoratori in condizioni che mettono a rischio la loro salute e la loro sicurezza”.
La dinamica che sta emergendo da episodi gravi come quello avvenuto a Firenze, prosegue la sindacalista, “è una deregolamentazione che comporta un elevato rischio per chi agisce in questo sistema di subappalti”. Il meccanismo del subappalto al massimo ribasso fa il resto, sottolinea Simoncini, in quanto viene chiesto di svolgere attività con tempi e costi ridotti rispetto a quelli normali, a detrimento di formazione e sicurezza, ed è “l’innesco di questi meccanismi che produce buona parte degli incidenti mortali”.
Non sono però solo la deregolamentazione e la moltiplicazione dei soggetti coinvolti in un appalto a rendere più difficili i controlli ma anche la carenza di tecnici dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Micaela Cappellini, coordinatrice regionale Toscana Fp Cgil per Ispettorato del Lavoro, dopo la morte dei cinque operai a Sesto, aveva riferito che in tutta la Toscana c’erano dieci ispettori con la qualifica di tecnico, due dei quali in servizio a Firenze. Una situazione causata dal lungo blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione al quale è stato posto un tardivo e parziale rimedio lo scorso anno con un concorso per l’assunzione di 800 ispettori. Assunzioni, conclude Simoncini, che continuano a non essere sufficienti in un ambito che avrebbe bisogno di ben altri numeri”.