Il Veneto è “una delle prime realtà a livello internazionale per l’economia spaziale: abbiamo 5mila addetti, 260 imprese, un fatturato di un miliardo e mezzo di euro e si continua a crescere”. Lo ha detto il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, in un evento dedicato all’industria dello spazio al Parlamento europeo a Bruxelles.
La regione “crede molto” in questo settore, per questo motivo, ha spiegato, “organizziamo la seconda edizione dello Space meeting dal 20 al 22 maggio” in cui “si parlerà di nuove tecnologie, più di un migliaio di incontri e poi conferenze per parlare di economia spaziale”. “Questo evento cade in un anno in cui c’è un cambio di paradigma”, gli ha fatto eco il direttore generale dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Luca Salamone. “Il 2024 – ha spiegato – sarà un anno di svolta: con l’avvio della missione Axiom, diventa sempre più importante la collaborazione, nell’ambito delle politiche spaziali, tra il settore pubblico e settore privato. E questo significa anche la necessità di supportare con opportuni provvedimenti che consentono di favorire lo sviluppo delle industrie spaziali”.
“Credo – ha concluso – che questa sia una dimostrazione importante di come stia crescendo il settore spaziale in Italia e in generale in tutta Europa”.
I numeri
L’economia dello spazio è il nome del comparto produttivo e finanziario orientato alla creazione e all’impiego di beni e di servizi e allo sfruttamento delle risorse nell’ambito dello spazio extra-atmosferico. Lo scopo è di consentire all’Italia di trasformare il settore spaziale nazionale, un patrimonio che vale un fatturato annuo di 1,6 miliardi di euro e dà lavoro a circa 6mila addetti. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso – con il contributo del presidente di Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine Luciano Violante, il direttore di Space Economy Evolution Lab-See Lab e professor of practice di Space economy presso la Sda Bocconi School of Management Simonetta Di Pippo e il presidente dell’European Centre for Space Law Ecsl-Esa e professore di Space Law all’Università Sapienza di Roma Sergio Marchisio – ha messo a punto il primo Rapporto su space economy, space industry e space law.
Il Rapporto è stato elaborato a partire dalla consultazione negli ultimi tre anni di circa 150 referenti e propone un’analisi economica e industriale della situazione dello spazio a livello italiano e globale, oltre a possibili interventi legislativi a sostegno dell’industria, della ricerca e delle politiche spaziali del Paese. L’origine della Space Economy coincide con la cosiddetta era spaziale iniziata formalmente con il lancio del satellite sovietico Sputnik 1 il 4 ottobre 1957. Nell’arco dei 15 anni che seguirono, il picco di spesa nel campo degli investimenti spaziali fu raggiunto dal programma Apollo per un costo complessivo di 153 miliardi di dollari e un totale di 400mila persone complessivamente impiegate. Dal 1957 fino al 1999 la Space Economy ha ruotato principalmente attorno alle missioni d’esplorazione scientifica, alle stazioni spaziali e alla messa in orbita di satelliti scientifici e commerciali. L’indotto principale è stato (e continua a essere, almeno nel breve termine) quello dello spin-off aerospaziale, quel processo per cui molte delle tecnologie prodotte per l’impiego extra-atmosferico trovano rapidamente un utilizzo anche in comparti economici e attività pratiche più tradizionali.
Le figure professionali richieste e la formazione
L’Italia ha circa 245 Its e quasi 20 offrono programmi spaziali. L’educazione spaziale italiana è caratterizzata da programmi di laurea e master a partire da quelli in astronomia e astrofisica tipicamente come corsi specialistici delle lauree in fisica. I master dedicati allo spazio rappresentano la quota più alta (43%) del totale dell’offerta nazionale, mentre le lauree triennali sono del 17%. Le regioni italiane più attive nel settore spaziale vantano anche hub per l’istruzione superiore legata allo spazio. Il Lazio ospita importanti compagnie spaziali come Thales Alenia Space e Avio, oltre all’Agenzia spaziale, al Centro di Osservazione della Terra Esrin dell’Esa e un Bic dell’Esa. Inoltre ci sono diversi corsi di formazione, borse di ricerca, nonché dottorati di ricerca e borse di studio post-dottorato erogati attraverso accordi di collaborazione con l’Asi, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). In collaborazione con le università e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (Crui), l’Asi sostiene specifici programmi nazionali e internazionali. Il settore dell’istruzione europeo dovrebbe cercare di rivolgersi a “tutte le età” e al “nuovo pubblico” rivolgendosi a un pubblico di destinazione non tradizionale e tra questi studenti non Stem (cioè futuri agricoltori, architetti, economisti, avvocati, archeologi, gestori delle risorse eccetera). Tra i profili più richiesti: ingegneri spaziali e in generali tutti i profili tecnico-scientifici in grado di lavorare alla programmazione e alla gestione dei componenti tecnologici per l’esplorazione extra-terrestre ; geologi ed esperti scientifici, necessari per l’analisi dei componenti prelevati da asteroidi, satelliti, pianeti eccetera; project manager, esperti di economia e regolazione normativa dello spazio in grado di interfacciarsi con agenzie, istituzioni e imprese del comparto; big data analyst, perché tutta la ricchezza delle attività spaziali risiede nella capacità di elaborare la mole di informazioni ricavate dalle missioni e dai satelliti.