I numeri dicono che in Veneto l’occupazione femminile è aumentata in modo più significativo di quella maschile in tutte le categorie professionali, ma con la progressiva diffusione di modalità ibride a discapito di quella standard a tempo pieno e indeterminato. Emerge inoltre la difficoltà di conciliare famiglia e lavoro, onere ancora sulle spalle delle donne: in Veneto, nel caso di coppie in cui lavora solo lui, lei svolge il 76% del lavoro familiare; se entrambi i partner lavorano, lo squilibrio diminuisce ma non di molto, dato che la donna continua a farsi carico del 68% delle incombenze familiari. Uno strumento per agevolare la gestione familiare è il part time, che resta tuttavia una prerogativa femminile: in Veneto, nel 2022, il 34,8% delle donne lavora in part time, valore che precipita al 6,1% fra gli uomini.
Le differenze di genere, poi, si riflettono anche sul reddito: sebbene emerga che livelli di istruzione più alti riducono il divario occupazionale di genere, le differenze di stipendio permangono anche con l’età e neppure il titolo di studio ha un effetto protettivo: un uomo in Veneto nel 2019 guadagna 150 euro al mese in più della donna, l’11% in più in media di stipendio; un dirigente guadagna 400 euro in più rispetto a una donna in posizione di vertice, un quadro oltre 470 euro in più e un impiegato 200 euro. Insomma, “anche in Veneto le donne continuano a incontrare più ostacoli nei percorsi lavorativi, la quota di dirigenti è nettamente inferiore a quella degli uomini, così come minore è anche la presenza femminile nell’imprenditoria, ma le iniziative messe in campo dalla Regione sono la strada giusta per innescare il cambiamento”, è certa Elena Donazza, assessore regionale al Lavoro.
Donazzan ha introdotto la presentazione de “L’occupazione maschile e femminile in Veneto”, rapporto biennale (predisposto dalla Consigliera regionale di parità, Francesca Torelli, con il Sistema statistico regionale) sulla situazione maschile e femminile nelle aziende con oltre 50 dipendenti: 3.272 le imprese coinvolte nell’indagine, tre volte quelle della rilevazione di due anni prima, per un totale di oltre 631.000 occupati a fine 2021, il 44,9% donne. I settori più rappresentati nell’indagine sono industria (52,9% aziende), commercio (10,8%) istruzione (19,5% dei lavoratori), sanità e servizi sociali (8,3% delle aziende e l’11,6% degli occupati). Il focus è su assunzioni, promozioni professionali, passaggi di livello, categoria e qualifica, mobilità, retribuzioni, licenziamenti, pensionamenti e pre-pensionamenti. “I dati- ha detto Donazzan- fanno riferimento al periodo pandemico in cui l’isolamento forzato per il contenimento del virus ha compromesso ancora di più la posizione delle donne nel mercato: da un lato perché la presenza femminile è da sempre più rilevante soprattutto in quei settori colpiti maggiormente dalla crisi sanitaria come il turismo. Dall’altro, perché la chiusura delle scuole ha costretto molte donne a dedicarsi esclusivamente alla famiglia rinunciando ad avere un ruolo attivo nel mercato del lavoro”. Per colmare le differenze bisogna “puntare sulla formazione, sull’istruzione, e attuare politiche concrete per eliminare il divario retributivo”. In questo senso Regione rivendica i percorsi di formazione-informazione per diffondere le discipline Stem anche tra le studentesse, campagne sugli strumenti per contesti aziendali con pari opportunità e parità retributiva, gli oltre 60 milioni di euro per inserire al lavoro le disoccupate e valorizzare le occupate, il welfare locale.
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