La Consulta ha innanzitutto ribadito la propria giurisprudenza secondo cui previsioni sanzionatorie rigide non appaiono in linea con il volto costituzionale del sistema penale, risultando «”indiziate” di illegittimità costituzionale». Ha però precisato che, nel caso della fuga del conducente, la pena minima di tre anni di reclusione che la norma censurata richiede comunque di applicare, «non può non essere riconosciuta ragionevolmente proporzionata», anche perché non suscettibile, per effetto dell’eventuale riconoscimento delle attenuanti, «di condurre, nella prassi applicativa, a risultati sanzionatori palesemente eccessivi rispetto alla gravità dell’illecito commesso».
La Corte ha quindi concluso precisando che «la scelta di approntare una soglia minima di tre anni da applicare alla fuga del conducente» trova anche giustificazione in termini sistematici nel quadro del complessivo intervento realizzato dalla legge n. 41/2016, volto «a inasprire il trattamento sanzionatorio per le condotte che, attraverso la violazione delle regole della circolazione stradale, offendono l’incolumità personale e la vita».
In mancanza della soglia minima dei tre anni, infatti, «il calcolo di convenienza potrebbe indurre il conducente a scegliere la fuga», sia nella fattispecie base delle lesioni (perché a fronte del modesto aumento di pena si sarebbe evitato il coinvolgimento nella causazione dell’incidente), sia nell’ipotesi di lesioni gravi causate in caso di guida in stato di ebbrezza alcolica (oltre una certa soglia di tasso alcolemico) o sotto l’effetto di stupefacenti.