Un bambino di 8 anni che torna a casa con il segno di un laccio al collo. Di 10 cm e 2 mm di larghezza, diranno i referti medici. Una donna, sua mamma Cristina, che finisce investita da una macchina a marcia indietro. Maltrattamenti, vari, a cui seguono denunce. E poi ancora lo stesso bimbo, suo figlio, che racconta di esser stato colpito da libri lanciatigli addosso e di non voler andare da suo padre. E’ obbligato dal regime del diritto di visita: per ben 36 volte il padre chiama le forze dell’ordine che tutte le volte verificano che il bimbo stava bene e non c’era alcun bisogno di chiedere il loro intervento per un minore che oggi però rischia di essere tolto a sua madre – che una perizia ha definito conflittuale – e di finire in casa famiglia.
Di ‘codice rosso mancato‘ si è parlato in una conferenza stampa indetta dalla deputata Stefania Ascari, che ha ricordato il coraggio delle donne nella lotta alla violenza su se stesse e i propri figli, sul caso di mamma Cristina. Con lei in aula gli avvocati Giovanni Merla e Angela Maenza. “Diamo voce al bambino, abbiamo tanti strumenti per sentire il minore nella maniera corretta- ha spiegato l’avvocata Maenza- rischiamo di far ritrovare questo bambino in una casa famiglia, come fosse un soggetto sottoposto alle misure cautelari anzi senza tutte le garanzie che hanno le persone sottoposte a questo”.
L’INCONTRO ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Alla Camera dei deputati Cristina e i suoi legali vanno per chiedere aiuto: “Il motivo della decadenza della responsabilità gentoriale e il collocamento in casa famiglia- ha incalzato l’avvocata- non è perché Cristina è una mamma violenta, ma perché si è rivolta all’autorità giudiziaria e scrivono ‘siccome esiste l’archiviazione le denunce sono strumentali’, ma l’archiviazione non vuol dire non sussistenza del reato”.
LE RICHIESTE
“Vogliamo e chiediamo che le Procure accertino i fatti– ha continuato Maenza- e vorrei che Cristina fosse sentita nei tre giorni previsti e nelle forme protette dell’incidente probatorio. Sono le dichiarazioni degli stessi consulenti ctu che hanno visto cose, referti medici, foto – che ha mostrato in aula – con il segno sulla gola di un bambino riconducibile a un laccio lungo 10 cm e largo 2 mm. Le denunce sono partite dagli ospedali”. E ancora: “E’ il bambino a dire ai consulenti che vive l’inferno con le consulenze, racconta di aver subito violenze, ha più volte dimostrato di non voler andare con quel genitore. Dov’è l’audizione del minore?”, ha domandato davanti ai giornalisti e alle telecamere. “Chi è conflittuale? Chi impedisce al bambino di iscriversi al Convitto o andare a fare calcio?”, ha chiesto l’avvocata riferendosi alle condotte del padre.
Giovanni Merla, intervenuto sul caso, ha parlato di “come i tribunali arrivano a determinate sentenze e decreti quando si tratta di bambini. Il male sta nella strada che si percorre. Si è arrivati a dire che il bambino deve essere al centro, tutelato e ascoltato, ma in Italia queste affermazioni non sono diventate fatti concreti”.
Il legale ha parlato di “un sistema lento, farraginoso che spesso non recepisce gli insegnamenti. Oggi come oggi un bambino di 9-10 anni è senz’altro capace di discernimento e la Cassazione lo dice dal 2008 che un giudizio sulla vita di un bambino deve passare attraverso l’ascolto del minore che dai giudici di merito invece non viene fatto”, ha denunciato.”La nuove legge entrata in vigore a novembre 2021 dice che ci vuole un Tribunale della Famiglia, non ce ne è traccia nei bilanci”, ha incalzato ancora l’avvocato.
Cristina durante tutta la conferenza è rimasta in silenzio: “Ho scritto alla deputata Ascari e lei mi ha risposto subito: mi ha dato speranza. Nessuna mamma- ha detto alla fine- può accettare una decisione del genere. Mio figlio è un bambino amato, va benissimo a scuola, ama il calcio e si impegna tantissimo. Ho cercato di dargli tutto quello che potevo insieme alla mia famiglia e a una rete di amici che oggi mi danno il coraggio di essere qui. E’ faticoso sapendo che in ogni momento potrebbero venire a prendere mio figlio. Non posso guardarlo e non dirgli che ho provato tutto per salvarlo e non si può avere paura di dire la verità”.