Nipoti “completamento dell’esistenza” e segno tangibile della continuità, perché “è bello sapere che c’è qualcuno oltre a me”. Tra i nonni c’è poi chi apprezza la posizione di ‘vice genitore‘, con un effetto di ringiovanimento e un profondo senso di corresponsabilità. Ma non manca purtroppo, anche se i casi sono pochissimi, la delusione per un rapporto “inesistente”, o per sentirsi considerati solo dei “bancomat”. È lo spaccato che emerge dalla seconda edizione del “Questionario per la Festa dei Nonni”, che la Fnp-Cisl del Veneto ha diffuso agli iscritti nei giorni scorsi. Hanno risposto oltre 300 nonni da tutto il Veneto (169 uomini, il 56%, e 133 donne, il 44%), per un totale di 749 nipoti. E il primo dato che emerge è che il 65,3% dei nonni si occupa regolarmente dei nipoti, un altro 19,5% è stato coinvolto in passato nella loro gestione.
Domanda: ma quanto tempo richiede ogni giorno questo impegno? Per il 37,6% è quotidiano, periodico per il 46,2%, occasionale (ad esempio per emergenze) il 16,2%. Altra domanda, allora: perché i genitori chiedono aiuto? Sul perchè si chiama un nonno o una nonna, le motivazioni sono diverse: per un genitore su due (52%) è meglio così, insomma si ha più fiducia, ma per uno su tre (29,4%) è perchè i servizi per l’infanzia (pubblici o privati) non hanno orari compatibili con il lavoro, e un 5,1% lo fa per non sobbarcarsi costi troppo elevati di nidi o materne.
Emerge poi che, per le famiglie, “la problematica più sentita relativa ai servizi per l’infanzia è il loro orario” e “emerge nero su bianco che fare i nonni sul campo non è una passeggiata. Viva la sincerità”. Essere nonni “non rappresenta solo una categoria affettiva”, commenta Tina Cupani, segretaria della Fnp Veneto, la sigla dei pensionati Cisl, “ma è un vero e proprio ruolo sociale, svolto con amore e dedizione, ma anche con impegno e fatica. Senza nonni la famiglia non ce la fa. E, man mano che i nipoti crescono, si passa dai nonni baby sitter ai nonni punto di riferimento”. Continua la segretaria: “I primi fanno i tassisti, i cuochi, gli infermieri, i compagni di giochi in assenza dei genitori, sia per la fiducia che questi ripongono in loro, sia per l’inadeguatezza dei servizi per l’infanzia presenti. I secondi hanno la soddisfazione di vedere che il loro bagaglio di esperienze e conoscenze è utile nel rapporto coi nipoti, nel loro percorso verso una vita autonoma e indipendente”.
Gli uomini sono più coinvolti coi nipoti in età più avanzata, le donne in età più giovane. La cosa, per la Fnp, apre a valutazioni di genere “meritevoli di approfondimenti successivi: le donne vanno in pensione mediamente prima; le donne sono i principali caregiver familiari in caso di non autosufficienza di un anziano (una donna potrebbe dover scegliere tra fare la nonna o fare la figlia); le donne hanno una salute che si deteriora prima degli uomini”.
Un altro dato del questionario è che questo ruolo sociale dei nonni non è ben riconosciuto, lo dice anche il 59,3% degli intervistati: “Anche se hai lavorato una vita, quando sei anziano ti senti di dover essere utile alla società, altrimenti ti dicono che sei un peso”. Fare i nonni, “e non solo esserlo, è proprio il primo modo in cui, da anziani, contribuiamo alla società”, conclude Cupani aggiungendo con una punta di amarezza: “Ben venga il 2 ottobre e la Festa dei Nonni quale momento, per citare la legge istitutiva, ‘per celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale’. Ma allora sosteniamo gli anziani quando chiedono di essere rispettati: quando chiedono che la loro pensione mantenga il proprio potere d’acquisto e quando chiedono un sistema sociosanitario, di cui sono i primi utenti, che funzioni”.