a cura dello Studio Cataldi

“Colui che è crudele con gli animali non potrà mai essere buono con gli uomini” affermava Arthur Schopenhauer, mentre per Immanuel Kant “si può conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta gli animali”. Con la legge 11 febbraio 2022, n. 189 recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 Costituzione in materia della salute e dell’ambiente”, il rispetto per gli animali assume in Italia rilevanza costituzionale, venendo contemplato tra i principi fondamentali della Carta.

L’art. 9 viene modificato aggiungendo il 3° comma che recita: la Repubblica “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Mentre le modifiche apportate all’art. 41 mettono in rilievo la tutela ambientale, obbligando l’iniziativa economica privata anche al rispetto della salute e dell’ambiente.

Con la legge in oggetto, l’art. 41 della Costituzione viene trasformato come segue: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

Dal 2022 l’interesse di tutela dell’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi è elevato a ‘livello costituzionale’; e pertanto fanno ingresso anche gli animali nella nostra Costituzione.

La legge in oggetto è il risultato di un cambiamento sociale, di un ‘mutamento’ di valori, come riprova che c’è sempre un divenire nell’evoluzione culturale, sociale, storica.

La legge de qua segna quindi un traguardo, un successo d’avanguardia mettendo sullo stesso piano di interesse l’ambiente, la salute, la sicurezza, la libertà, la dignità umana.

L’ambiente non può essere più trascurato. E il primo passo per non farlo è quello di tutelarlo.

Un riconoscimento, a livello costituzionale, che arriva, dunque, nel 2022.

Una presa di coscienza maturata lentamente, ma si può affermare, dovuta anche al riflesso dei vari segnali negativi cui si è assistito per decenni. Legge necessaria per cercare di arginare i numerosi disastri ambientali generati anche tramite iniziative selvagge: disboscamenti, ‘rimodellamento artificiale’ del territorio, sfruttamento dell’ambiente in generale senza criterio; e gettate di ‘cemento urbano’, e non, senza misura. E inquinamento.

Una presa di coscienza che irrompe con una legge Costituzionale. Si avverte la necessità di far entrare nella Costituzione l’ambiente e quindi anche gli animali. Riforma che ha cambiato la ‘facciata’ alla Costituzione con le modifiche apportate agli articoli 9 e 41. Una rimodulazione degli articoli enunciati finalizzata ad una concreta e diretta tutela dell’ambiente che diventa protagonista ed delegato ad oggetto giuridico meritevole di tutela costituzionale.

Una presa di coscienza già incisiva – per quanto riguarda gli animali – si era avuta dal 2004, con la legge n. 189 recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”.

Legge, quella del 2004, con cui è cambiata anche la ‘facciata’ del codice penale inserendo il titolo IX bis – Dei delitti contro il sentimento per gli animali.

La legge ha previsto infatti l’inserimento dei seguenti articoli:

 

  • l’art. 544 bis. Uccisione di animali. “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro a due anni”;
  • l’ art.544 ter. Maltrattamento di animali. “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologhe è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. (Pena inasprita dalla legge del 4 novembre 2010, n.201, legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia). La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale”;
  • L’art 544 quaterSpettacoli o manifestazioni vietati. “Salvo che il caso costituisca più grave reato, chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in relazione all’esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sé od altri ovvero se ne deriva la morte dell’animale”;
  • L’art. 544 quinquies. Divieto di combattimenti tra animali. “Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000euro. Comma che prevede un innalzamento di pena se vengono coinvolti minori, o in caso di video riproduzioni, registrazioni. Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti. Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro”;
  • L’art. 544 sexies prevede invece per i delitti di cui agli artt. 544 ter, quater e quinquies, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., la confisca dell’animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato; e le pene accessorie;
  • e ancora la legge 189/2004 ha inserito nel codice penale – tra i delitti contro il patrimonio – l’ art. 638 c.p. (Uccisione o danneggiamento di animali altrui);
  • e infine il reato contravvenzionale all’ art. 727 c.pAbbandono di animali che prevede che “chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini alla cattività; e chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000”;
  • Infine, da segnalare l’art. 727 bis – articolo inserito nel codice penale con d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121 e successivamente modificato con D.L.vo 5 agosto 2022, n.135 – uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione e commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette. “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, fuori dei casi consentiti, uccide, cattura o detiene esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta è punito con l’arresto da uno a sei mesi o con l’ammenda fino a 4.000 euro […]

Tralasciando l’aspetto meramente tecnico delle varie normative disciplinanti la materia in oggetto va evidenziato che i casi di cronaca riguardanti i maltrattamenti di animali sono preoccupanti (e purtroppo quelli sommersi sono più spaventosi tenendo conto che le c.d. cifre nere sono difficili da far emergere). Le leggi di tutela forse sono ancora ‘acerbe’, ancora non si prende coscienza profonda del fenomeno e soprattutto forse della rilevanza penale attribuita dal legislatore al fenomeno stesso.

Un sentire quello della protezione degli animali cementato con la riforma costituzionale che è comune anche all’orientamento dei valori dell’Unione europea e anche di altri stati internazionali.

E’ difficile stabilire – spesso, se non sempre, forse – se una legge viene coniata quando è pronta la coscienza dell’ intera o della maggioranza della collettività rispetto al fenomeno da contrastare, quando lo stesso fenomeno dà luogo all’intervento normativo perché è particolarmente allarmante – anche se non riconosciuto, percepito come tale dall’intera società – ma il “grado oggettivo” di tollerabilità permette però alla legge di attivarsi, scavalcando le accezioni numeriche. Il legislatore quindi ne riconosce comunque la gravità e pertanto la necessità di attivarsi e di intervenire legislativamente nell’interesse di tutti; anche se la presa di coscienza del fenomeno non riguarda l’intero ‘sentire sociale”, o lo stesso non è pienamente maturo.

“Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali”, baluardo del principio di legalità. Ma ora la legge c’è, ora è codificata e disciplina la materia in questione. Ora la legge determina gli elementi costitutivi del reato per i fatti illeciti in oggetto, e li punisce.

Ma come accade sempre – senza distinzione di argomento – per tutte le leggi di frontiera, leggi che si affacciano cioè su orizzonti di nuove ere, di periodi storici che necessitano di una trasformazione giuridica trainante, che muove quindi anche altri piani, e campi del sociale e nel sociale, si avverte la necessità di un’innovazione giuridica che sia in grado di plasmare anche quella sociale.

Ed è necessariamente anche questa la funzione, lo scopo della legge penale. La funzione preventiva, generale e speciale, cui assolve il diritto penale deve essere tradotta anche in questi termini per far sì che nel suo compito appunto – seppur residuale, ovvero nel suo intervento di extrema ratio – ci sia davvero, però, una valenza preventiva, capace di arginare ogni condotta dotata di disvalore. Legge penale quindi intesa anche come un “faro trainante” per lo sviluppo sociale, e non solo come deterrente, tout court.

È necessario pertanto tradurre il fatto in crimine per evitare la commissione del fatto stesso, o che il fatto resti impunito per mancanza di una previsione normativa.

Solo in questa visione – in tutti i casi che destano allarme sociale – si può avere una coscienza piena dell’illecito penale, per evitare una regressione sociale e collettiva dei valori acquisiti.

La legge 189/2004 ha inserito un intero titolo a tutela del sentimento per gli animali, all’ interno del libro II del codice penale.

La ratio legis della normativa del 2004 è finalizzata non ad una tutela ‘esclusiva’ dell’animale, come soggetto destinatario della norma, meritevole di tutela.

Ratio legis che non riconosce alcun diritto agli animali, non riconosce alcuna tutela propria, diretta, esclusiva degli animali.

La legge del 2004 – coronata ora dalla legge costituzionale del 2022 – tutela però il sentimento per gli animali.

Sentimento che deve interpretarsi come un sentimento di pietà. Quel sentimento che comunque necessita di empatia, di quel minimo di sensibilità tale da sentirsi comunque offesi, lesi ad ogni atto brutale, crudele, ingiustificato nei confronti degli animali.

La giurisprudenza

Il ‘materiale’ della Suprema Corte sul tema è già abbastanza consistente – considerando anche che le normative sono recenti – ed è sufficiente per evidenziare la linea interpretativa in merito.

Una linea che inequivocabilmente si fa portatrice dei valori della norma in oggetto; valori che danno rilevanza al sentimento nei confronti degli animali, oggi possiamo aggiungere, sentimento costituzionalmente orientato.

La recente pronuncia dei giudici di legittimità n. 29816 del 09/09/2020 fornisce già un quadro deciso, saldo circa l’orientamento della giurisprudenza. La terza sezione penale della Cassazione con la decisione suindicata riconosce la sussistenza del delitto di maltrattamento di un animali nell’episodio che vede il trasporto di un capriolo ferito e caricato sulla macchina lasciato però agonizzante. Crudeltà inaudita e ingiustificata riconosciuta dalla suprema Corte, con la sentenza richiamata, che indirizza anche la condotta, l’etica da adottare. In quel caso si auspicava un colpo definitivo all’animale, più giustificato appunto, per porre fine alle sofferenze, del comportamento ‘gelido’ e indifferente avutosi invece nei confronti della preda.

Il caso di specie riguardava l’uccisione di due cani avvenuta dopo che gli stessi avevano aggredito mortalmente tre pecore. Pertanto avvenuta oltre il lasso di tempo necessario per una eventuale difesa nei confronti delle stesse, e quindi al di fuori della sfera dello stato di necessità.

Ma già con sentenza n. 50329, del 29/10/2015 la terza sezione penale della Cassazione aveva ribadito il significato di stato di necessità in merito alle fattispecie in oggetto, inteso come ogni “situazione che induca all’uccisione o al danneggiamento dell’animale per impedire l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti inevitabile” (cfr. Cass. pen. sez. III 26/04/2018 n. 49672).

Quindi al di fuori dello stato di necessità ogni comportamento che sconfina dallo stesso, che va oltre, non necessario, superfluo, prevaricante rispetto al pericolo reale integra il fatto illecito.

E ancora – applicando l’istituto del sequestro preventivo ex art. 544 sexies – la Cassazione penale n. 12961/2021 riteneva valido il sequestro preventivo di un cane tenuto in condizioni precarie, contrarie al benessere e alla salute dell’animale, convalidato dal tribunale di merito, ed effettuato dalle guardie zoofile di un’associazione nazionale di protezione animale. Decisione che supporta anche il lavoro come quello delle guardie volontarie giurate a sostegno del valore ‘del sentimento per gli animali’ (Cfr. Cass. Pen. sez. V. 11/04/2022, n. 20221; Cass. pen. sez. III, 03/12/2020 n. 12436; Cass. Pen. sez. III, 24/05/2016, n. 5235).

“Non ferire i nostri umili fratelli è il nostro primo dovere nei loro confronti, ma fermarci lì non basta. Abbiamo una missione più alta: essere al loro servizio ogni volta che lo richiedono”.

Le parole di Francesco d’Assisi che la storia ci riporta dal 1200, ci confermano, confrontate con la normativa vigente, precedentemente esaminata, che almeno il primo dovere lo abbiano espletato – ed è possibile, forse – compiere anche il secondo, di grado superiore, non arrestando mai il progresso sociale, culturale, e dei valori.

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