RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
dall’Assessore Alessandro Maculan del Comune di Schio
L’effettuazione di analisi e misurazioni sull’impatto ambientale che ha un impianto pubblico autorizzato al trattamento dei rifiuti residui non è solo una buona prassi, ma rappresenta oltremodo un obbligo di legge. Questo fatto non dovrebbe suscitare sorpresa, non genera in me soddisfazione ma piuttosto rassicurazione, come evidenziato durante la riunione del tavolo di lavoro citato. Rappresenta una constatazione rispetto ad una situazione che rientra in determinati limiti di inquinamento previsti. D’altro canto, è sufficiente riflettere sull’opposto per comprendere quanto sarebbe inaccettabile. Infatti, ciò implicherebbe la violazione dei parametri stabiliti dalle norme e si parlerebbe di un impianto illegittimo che non potrebbe operare secondo l’autorizzazione integrata ambientale. Sinceramente, credo che nessuno metta in dubbio ciò, e si dovrebbe serenamente prendere coscienza del fatto che il rispetto dei limiti non equivale a non inquinare, ma piuttosto significhi “inquinare nel rispetto della legge”, nel rispetto dei limiti imposti, proprio come per molte altre attività industriali autorizzate. Non dobbiamo temere di affermarlo e condividerlo con i nostri cittadini, che meritano di essere informati nel modo più chiaro e trasparente possibile, senza giri di parole poiché non c’è nulla da nascondere o sottacere. È una questione di elementare rispetto nei loro confronti. Non è un fatto segreto il fatto che ogni combustione porti con sé dei costi da sopportare, sia economici che ambientali, questo è inevitabile e se è comunemente dato per scontato quando parliamo della semplice stufa domestica non può che esserlo in scala molto più grande per un impianto di trattamento dei rifiuti, autorizzato e che rispetta la norma sui limiti di emissione. Altrimenti, significherebbe dichiarare di avere a disposizione quella soluzione magica che tutti cercano ma che finora nessuno ha trovato. Ma i cittadini non sono sprovveduti, le cose le capiscono bene e rappresentazioni incotonate della realtà rischiano poi di ottenere diffidenza e minare la credibilità di chi li informa. È proprio questa consapevolezza che ci ha spinto ad adottare in ogni contesto un approccio pragmatico anziché ideologico nei confronti del nostro inceneritore con recupero energetico. A Schio, lo sappiamo bene, si tratta da sempre di un tema molto sentito, collegato all’elevata sensibilità dei cittadini, un aspetto sul quale avremmo potuto “giocare” fin da subito in modo opportunistico agendo per sola convenienza politica, una logica che abbiamo però sempre voluto respingere scegliendo responsabilmente di analizzare i fatti concreti commisurandoli alle reali possibilità di intervento. Il primo fatto è che senza questi impianti, al momento, non sarebbe possibile chiudere il ciclo integrato dei rifiuti. Questo è un dato e va detto a chiare lettere, non dobbiamo avere paura di affermarlo come dobbiamo essere consci che da questi impianti non possa uscire aria pura di montagna. È una semplice raffigurazione della realtà. Per questo, contemporaneamente, dobbiamo interrogarci sul limite da porci nella loro implementazione e per farlo dobbiamo essere in grado di ragionare con piena consapevolezza, avendo accesso a tutte le informazioni disponibili e con la possibilità di esprimere liberamente opinioni non condizionate da percezioni parziali del contesto. Nel mese di maggio, l’Assemblea dei soci di AVA ha approvato all’unanimità un documento che richiede al Consiglio di Amministrazione di valutare approfondimenti su alcune opzioni che si rendono oggi possibili. Si tratta di un documento storico che aprirà per la prima volta la strada a valutazioni e discussioni a livello territoriale riguardo a queste possibilità. Oltre al primo indiscutibile fatto sappiamo che i 31 comuni soci di AVA producono circa 18.000 tonnellate all’anno di rifiuto secco e che l’impianto ne smaltisce cinque volte tante, 85.000. Sappiamo che per soddisfare le esigenze di tutto il territorio provinciale basterebbe una potenzialità di smaltimento di circa 65.000 tonnellate all’anno e che queste scenderebbero addirittura a 55.000 se tutti i Comuni raggiungessero gli obiettivi regionali dell’84% di raccolta differenziata. Sappiamo anche che la linea 2 di Cà Capretta, che tratta circa 20.000 tonnellate all’anno, è quella a più elevato grado di obsolescenza e che richiede riflessioni rispetto al suo futuro. Tutto ciò premesso è facile capire come nel prossimo periodo la politica sarà chiamata ad assumere decisioni importanti a nome dei cittadini dell’Alto Vicentino, i quali sono gli unici veri proprietari della società partecipata e come tali dovranno potersi sentire realmente le rappresentati dalle scelte che verranno prese.
Assessore Alessandro Maculan
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