“Il Veneto non è un paese per giovani. Le statistiche raccontano una sconfitta cocente per la nostra programmazione, specialmente se confrontate con la dinamicità del nostro tessuto economico, alle soglie di un inverno demografico che farà pagare le sue conseguenze”. Così Elena Ostanel, consigliera regionale del gruppo Il Veneto che Vogliamo che commenta il “Rapporto statistico 2023”, con le cifre che vedono raddoppiare in dieci anni i ragazzi emigrati all’estero. Sono oltre 4500, quasi la metà laureati.

“Una regione tra le prime per numero di espatri e per incremento delle partenze, che perde migliaia di giovani, – aggiunge la consigliera – giovani costretti ad andare in altri paesi europei. Ragazzi qualificati che dovrebbero essere il futuro del nostro Paese. Il presidente Zaia deve porsi molte domande sul modello di sviluppo che ha costruito, che evidentemente non è più attrattivo come prima”. “La favola bella del Veneto in testa alle classifiche positive solitamente viene smentita dalla realtà quotidiana. Nella sanità lo sanno bene i cittadini senza medici di famiglia, umiliati da liste di attesa infinite che li costringono ad affidarsi alla sanità privata. Sono le statistiche stesse a incrinare lo specchio fatato di Zaia. L’ottimismo del Presidente Zaia è surreale, – sottolinea la consigliera – anche perché i segnali per capire la situazione c’erano già tutti, da tempo. Non c’è da chiedersi se i giovani decidono di andare fuori dall’Italia perché costretti o per scelta, come Zaia mi rispose nel dibattito in aula sull’ultimo Bilancio. I giovani, caro Presidente, scelgono di andare proprio perché le condizioni in Veneto non sono favorevoli. Pertanto sono costretti ad andare fuori Paese”. “I ragazzi – aggiunge Ostanel – fanno le valigie per una serie di problematiche organiche, evidenti dall’esperienza quotidiana. Come le carenze nelle politiche abitative, quando per un ragazzo o una giovane famiglia diventa un’impresa trovare casa. Oppure lo squilibrio negli stipendi: già un veneto prende 6200 euro all’anno in meno di chi vive in Lombardia e 2300 euro in meno di chi vive in Emilia Romagna, ma il divario salariale diventa drammatico per i giovani veneti: tra i 30 e 34 anni prendono 10 mila euro in meno all’anno di un lavoratore tra i 60 e i 64”. “La Giunta regionale continua a non fare nulla. Da quando sono in Consiglio regionale – attacca Ostanel – la legge a tutela dei giovani non è mai stata finanziata. Non ho visto alcun ragionamento e proposta concreta su come arginare l’emigrazione dei giovani veneti, che vanno non solo all’estero, ma verso le regioni vicine, Emilia Romagna e Lombardia, in primis. Perché sta diventando chiaro che vivere in Veneto significa avere meno servizi e meno salari. E’ evidente che per i nostri figli, il Veneto rappresenta un posto meno attrattivo in cui vivere; e tutto questo mette paura. Bisogna passare dalle favolette identitarie e dal cemento ad ogni costo, al sostegno per le nuove generazioni e le loro necessità. I giovani rimarranno in Veneto non perché sarà più comodo andare in autostrada a vedere le Olimpiadi, ma quando troveranno casa, asili, medici, servizi moderni e stipendi all’altezza. Non serve ottimismo, Presidente. Serve programmazione”, conclude Ostanel.

I numeri

Nel 2021, in Veneto, il 64% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori, rispetto a una media europea del 50%. Sono sempre di più quelli che scelgono di trasferirsi all’estero: 4.503, raddoppiati rispetto a dieci anni fa, il 43% dei quali laureati. Sono i dati del “Rapporto statistico 2023”.  Secondo lo studio, il 26% dei giovani decide di andare a vivere in coppia, divisi tra chi ha figli (13,9%) e chi non ne ha (12,2%). Si sposta sempre più in là anche l’età in cui ci si sposa: le donne a 35,1 anni e gli uomini a 37,8, con un avanzamento di 11 anni rispetto a due decenni fa.

Cambia anche il modello di fecondità: il numero di figli che una donna mette al mondo scende da una media di 1,46 (2008) a 1,27 (2022); il primo figlio si fa, mediamente, a quasi 31 anni.  Sul fronte occupazionale diminuisce il numero dei Neet, che sono il 13,1%, la terza quota più bassa d’Italia. Ma tra i giovani c’è il maggior rischio di vulnerabilità, con più precarietà e stipendi più bassi. Sono 35% i precari, contro l’8% fra gli over 35.

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