Una vera campionessa, orgoglio dell’alto vicentino: Katia Ragusa ha dimostrato, con i suoi 25 anni, che se si vuole con tutto il cuore raggiungere un obiettivo, nulla può essere un vero ostacolo. Anche se non si raggiunge la posizione sperata,come in questo caso il primo posto, con un secondo posto si è comunque sul podio, si è fatta la differenza. Argento meritato e sudato per questa giovane promessa di San Giorgio di Perlena, conquistato nella classifica francese della Parigi Roubaix femminile, l’8 aprile scorso. Con coraggio, professionalità e, come lei stessa ammette, sana freddezza, è riuscita ad ottenere un traguardo importante per la sua carriera. Insieme alla canadese Alison Jackson arrivata prima e la belga Marthe Truyen in terza posizione, la Ragusa non è riuscita a trattenere le lacrime sul podio, commozione a seguito di un periodo buio della sua vita. Questo sarà un punto di partenza per un futuro radioso. Una passione che inizia da piccola, a soli 6 anni corre nelle categorie minori. Passione di famiglia ereditata dal papà e dallo zio che a loro volta correvano e hanno allenato.
“Ricordo le corse guardate in tv, papà quando sono nata si è fermato per dedicarsi alla famiglia, ma a casa nostra è rimasto il mito del ciclismo. – racconta la ciclista – Così di punto in bianco ho chiesto di iniziare a correre, ma ero troppo piccola. L’ho riproposto l’anno successivo e finalmente ho iniziato”. Da lì parte la sua avventura nel ciclismo, iniziando a correre in tutte le categorie giovanili, diventa più grande passa nelle esordienti, poi allieva e categoria Junior, che per le donne è la categoria che precede il professionismo. “Già lì avevo avuto la fortuna di partecipare agli europei e mondiali con la nazionale nella categoria Junior, sono esperienze importanti”.
Poi il salto nella categoria professionismo, facendo i conti con la sua giovane età e le sue avversarie esperte: “Sono stati anni duri perché le donne non hanno una categoria intermedia come gli uomini che hanno la ‘dilettanti’, quindi mi sono ritrovata a correre con campionesse del calibro di Marianne Vos, avevo 18 anni, è stato impegnativo ma allo stesso tempo mi ha fortificata. Ho avuto comunque la fortuna di andare in team, il poter fare corse di alto livello in World Tour per me è stato sicuramente importante, esperienze che danno molto facendole fin da giovane”.
Arriva poi il 2020, anno difficile per il mondo intero per via dell’arrivo del Coronavirus, ma allo stesso tempo per Ragusa è stato l’anno migliore: “Sono arrivata seconda ai campionati di fine stagione anno Campionati Italiani Elitè . Quando ha avuto inizio il Covid, ero in Australia e quando siamo tornati è ci siamo dovuti fermare. Quando ho ricominciato sono stata convocata ai Campionati del Mondo di Imola. Ho corso bene, ho fatto una bella fuga, ho lavorato per la Longo Borghini. Quella stagione è stata travagliata per il Covid ma ho iniziato a lavorare davvero bene”. E proprio quando sembrava che tutto stesse andando nonostante tutto per il meglio, il suo corpo ha iniziato a non darle giustizia. “Gli ultimi due anni sono stati un po’ bui, soprattutto lo scorso anno, perché ad un certo punto ho scoperto di avere la mononucleosi. Non era in forma grave e se non fossi stata un atleta probabilmente non me sarei accorta. Ha inciso in modo pesante sulle mie performance, non erano più le stesse, non me lo aspettavo”. Ma un atleta sa che davanti agli arresti improvvisi occorre tenacia e così l’inizio del 2023 la Ragusa riparte con il giusto mood: “Alla Valenciana nelle prime tappe avevo la maglia dei GPM, poi ho perso ultima tappa però comunque le sensazioni erano diverse rispetto allo scorso anno, molto buone. Le successive gare ero sempre lì lì, poi succedeva qualche intoppo, qualche caduta o nel finale mancava qualcosa”. Fino all’arrivo della Parigi-Roubaix: “Se mi avessero detto il giorno della partenza che sarei arrivata seconda ci avrei messo la firma. Non me lo aspettavo”. Una straordinaria prestazione che le ha permesso di avere il suo riscatto. “La tattica era quella di andare in fuga per prendere tranquillamente i primi settori di pavè senza stress, perché in gruppo poi diventa molto caotico. La fortuna è stata che era una fuga ben fornita, all’inizio eravamo in 18 ed è stato un buon vantaggio. Abbiamo conquistando i primi settori in pavè e da lì in poi avevamo un discreto margine, infatti dall’ammiraglia mi hanno detto di crederci, che poteva arrivare davvero qualcosa di buono. Così con il passare del tempo ho iniziato davvero a crederci, me la stavo giocando. Poi avevo provato, a meno 30 km, di fare uno scatto per vedere se riuscivamo ad escludere un gruppetto più piccolo, non ha funzionato subito ma nel km dopo altre atlete lo hanno fatto e alla fine siamo rimaste in sette davanti”. Gli ultimi chilometri sono stati da cardiopalma, anche se la corritrice non se n’è resa conto. Pochissimi secondi dividevano dal gruppo sorpassato, ma fortunatamente davanti hanno resistito: “Quando siamo entrate nel velodromo, a fine gara, non esisteva più l’essere o meno veloci. Nella mia testa rimaneva solo il dare tutto quello che mi era rimasto. Avevo tantissima adrenalina, una carica giusta per andare avanti e devo dire che, guardando poi a posteriori, ho riscontrato in me una certa freddezza in quei momenti soprattutto nella parte finale. Sapevo che nel velodromo dovevo entrare massimo in terza posizione e così ho fatto. Sapevo che dovevo rimanere un po’ più alta in pista, se fossi rimasta all’interno le altre ragazze mi avrebbero chiusa. Sono cose che ho rivisto dopo, sono stata fredda e ho dato il meglio. In gergo diciamo che il secondo posto è il primo dei perdenti: da un lato è vero ma da quando sono arrivata al traguardo in poi, ho ricevuto solo pura gioia, emozione, in mente sono affiorati tutti i sacrifici che ho fatto e ho capito che ne è valsa la pena.
Ora la vicentina volta pagina e pensa al futuro ricco di impegni: dopo aver gareggiato il 19 aprile per La Freccia, dal 1 al 7 maggio toccherà alla Vuelta, e ancora il Tour De Suisse, il Giro Donne: “Per me è anche importante essere un gregario, nelle gare a tappe come in quella di mercoledì dove avrò Mavi Garcia come nostra capitana, sarà fondamentale essere di supporto al team. Questo secondo posto è punto di partenza. Come atleta penso sempre alla tappa successiva, andare oltre. Anche i giorni dopo sono stati bellissimi, è stata un’esplosione di gioia in tutto. Adesso testa bassa e si va avanti per altri traguardi. E il consiglio per chi come lei insegue i suoi sogni con dedizione è: “Risulterò banale, ma consiglio di insistere, mai mollare perché anche quando c’è un momento buio, che scoraggia, è proprio quello il momento in cui prendere un attimo di pausa, riordinare le idee e avere la tenacia di non mollare. Quei momenti ti rendono più forte e più consapevole di tutto”.
Laura San Brunone