“Se ti esponi alla luce blu, il male arriva“. In queste poche parole è racchiusa la vita di Francesca Granata, una giovane ricercatrice sanitaria del Policlinico di Milano affetta dalla Protoporfiria Eritropoietica (EPP), una malattia ereditaria del metabolismo dell’eme causata da un problema del midollo osseo e caratterizzata dall’accumulo di protoporfirina-IX nel sangue, negli eritrociti e nel fegato. “Nel sangue scorre una molecola che si chiama Eme ed è essenziale per la vita, perché trasporta l’ossigeno in tutti i tessuti. L’Eme- spiega Granata alla Dire- è assemblato da una catena di produzione di enzimi, ma nei pazienti affetti da EPP questa catena si inceppa a causa di difetti genetici rari che colpiscono gli enzimi stessi. Si forma così la protoporfirina-IX, una molecola fotoreattiva che si accumula nel sangue, nel fegato e nella pelle dei pazienti: bastano 5 minuti di esposizione alla luce blu per avvertire i primi sintomi di malessere. Non è una malattia On-Off- rimarca la studiosa- è una patologia da accumulo di energia solare. Io paragono la protoporfirina-IX alla dinamo che carica energia e poi la riutilizza, ma in modo tossico perché nel paziente con Protoporfiria eritropoietica la luce rossa che si genera dalla reazione ha solo la capacità di bruciare la pelle dal di dentro”. Per arrivare alla diagnosi di Protoporfiria eritropoietica possono trascorrere anche 20 anni. “Dal 2009 lavoro nel laboratorio che cura le porfirie, di cui esistono 8 forme, e mi occupo di diagnostica e ricerca. Diagnostico pazienti con Protoporfiria dai 20 ai 40 anni- sottolinea Granata- persone che soffrono da una vita. Una paziente mi ha raccontato addirittura di essersi diagnosticata la malattia tramite un programma tv sulle patologie misteriose, mentre un’altra ha riconosciuto i suoi sintomi perché è incappata nel mio ted talk”. Per uscire dall’ombra fisica e di conoscenze che avvolge questa condizione, Francesca Granata ha deciso di studiare la sua malattia e di intraprendere una nuova avventura: oggi firmerà, assieme ad altre cinque pazienti, lo statuto dell’associazione ‘Vivi Porfiria’ per tutelare i malati. “Vogliamo divulgare e aumentare le conoscenze su queste malattie a fronte di nuove terapie come quelle che utilizzano l’RNA interference, per la Porfiria epatica acuta”.
La ricercatrice non si arrende: “Dal 2018 sono attiva in un’associazione internazionale formata da scienziati e pazienti affetti da Protoporfiria. Ci battiamo a livello europeo per la tutela del farmaco. I pazienti affetti da questa malattia rara sono pochi, in Italia si contano 208 persone ma a prendere il farmaco sono solo in 150″. La cura è l’unica arma che queste persone hanno per poter condurre una vita normale. “Spesso i sintomi sono invisibili agli altri, ma la sofferenza è atroce- racconta la donna- si parte dal bruciore, poi arriva il formicolio, il gonfiore, gli ematomi rossi sulla pelle e i tagli. E il bruciore cutaneo è paragonabile a una scottatura da forno o da ferro da stiro bollenti, è intenso e può manifestarsi su tutte le parti fotoesposte del corpo: il volto, le mani e i punti che non possono essere coperti da abiti o gadget. Il livello di sofferenza varia in base alla quantità di luce blu che una persona con Protoporfiria assorbe. Può capitare che un paziente resti anche una settimana chiuso in casa, al buio, senza muoversi per paura che la pelle sfiori qualcosa. In età adulta ho imparato a non espormi per più di mezz’ora alla luce blu perché altrimenti le conseguenze sul mio corpo sarebbero devastanti”.
Il paziente con una malattia rara impara presto a non superare il proprio limite di dolore, cerca sempre un’alternativa. “Per me quest’alternativa è resistere al sole coprendomi con guanti, vestiti lunghi e cappelli. Da adolescente avevo vergogna ad usare questi ‘kit del sole’, sono un po’ fuori epoca, ma il mio più grande limite non è non andare al mare o in vacanza, è il non poter passeggiare se non saltando da un’ombra all’altra”. E le ombre non sono tutte uguali: “Quella prodotta dalle nuvole o dagli alberi non va bene, filtra la luce e il male sopraggiunge. L’ombra buona è data da spesse pareti di legno o di muro”.
Nel 2024 Francesca Granata parteciperà al congresso mondiale sulle Protoporfirie a ‘Pamplona, lì presenterà le sue ricerche. Ma la Protoporfiria è una delle 8.000 malattie rare note nel mondo. “Si tratta di un numero costantemente in crescita e un medico non può conoscerle tutte- conclude- per questo bisogna rafforzare il networking e non minimizzare mai la sintomatologia dei pazienti. Tante malattie hanno sintomi invisibili: l’endometriosi, la fibromialgia, patologie che solo ultimamente iniziano ad essere credute senza farle ricadere nella psicosomatica. Il messaggio che lancio in questo mese delle malattie rare è la necessità di tutelare e aiutare la ricerca. Se non aumentiamo la fiducia nei ricercatori il nostro paese è destinato a rimanere indietro. In Italia ci sono migliaia di ricercatori con la passione per il proprio lavoro, ma senza una prospettiva sicura per il proprio futuro lavorativo “.