Ci aspettavamo che sfruttasse il palco del Festival di Sanremo per lanciare un messaggio contro il razzismo, lei italiana vera e nera, e per questo motivo bersaglio di troppi insulti nella vita fisica e sui social. E invece Paola Egonu ha fatto quello che sul campo di pallavolo le riesce benissimo: ha giocato d’anticipo, sparando alto. E fortissimo: “Non so se valga la pena avere un figlio nero in Italia, non voglio che passi lo schifo che ho passato io”.
Il lungo sfogo affidato a Vanity Fair ripercorre un passato fatto di traumi dell’infanzia che in parte erano già noti, con l’aggiunta di considerazioni attuali che non incoraggiano alla fiducia nel futuro: “È un mondo di merda. Spero che presto arrivi l’Apocalisse. Mi chiedo a volte se sia il caso di mettere al mondo dei bambini. Se mio figlio sarà di pelle nera vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?”. Paola Egonu è nata 24 anni fa a Cittadella, in provincia di Padova, da genitori nigeriani che oggi vivono a Manchester. Pochi mesi fa, dopo la sconfitta in semifinale nel campionato del mondo che l’Italia ha poi concluso al terzo posto, ha ammesso di voler lasciare la maglia azzurra dopo una domanda sui social, “Sei italiana?“. Problema ancora irrisolto (solo a maggio si saprà se tornerà) e sul quale ha ripetuto anche stavolta: “Qualcuno mi dice la frase sbagliata e io mi domando: perché mai dovrei rappresentare voi?”,
Sembra acqua fresca se confrontata con la confessione di ieri, che aggiunge alle brutte esperienze vissute da bambina (“Non mi vedevo attraente in un contesto in cui lo standard di bellezza è essere bianca. E i ragazzini possono essere molto spiacevoli”), la rabbia per il razzismo delle piccole cose che ha colpito anche la madre: “Capita che chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca, ma non lei. La cosa che mi fa più male è che non si arrabbia neanche: è normale, mi dice. Ci hanno anche insegnato a non mettere mai le mani in borsa dentro a un negozio per evitare di essere accusati di furto. Ancora oggi, se ho il cellulare in tasca e devo mandare un messaggio, aspetto di uscire”.
E poi c’è la questione dell’orientamento sessuale, altra fonte di frustrazione: qualche anno fa la sua relazione con la compagna di squadra polacca Katarzyna Skorupa fu presa malissimo dai genitori di Paola. “Erano preoccupati di quello che avrebbero pensato gli zii o i vicini di casa. Poi hanno capito che la mia non era una scelta. Chi opterebbe per uno stile di vita che ti mette contro tutti? Io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri”.
Fonte Quotidiano Nazionale