Il Consiglio regionale veneto ha respinto l’atto di indirizzo, presentato da Cristina Guarda (Europa Verde) e sostenuto dai consiglieri di opposizione, che invitava la Regione Veneto ad aderire alla Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere (RE.A.DY). La rete nazionale è nata nel 2006 tra pubbliche amministrazioni con l’obiettivo di condividere prassi e promuovere azioni positive, inclusive e antidiscriminatorie nei confronti delle persone Lgbt.
A dare voce al ‘no’ della maggioranza è stato il consigliere Stefano Valdegamberi (gruppo misto), che ha definito la mozione “discriminatoria” in quanto, ha argomentato, “basta la Costituzione a garantire i diritti di tutti i cittadini, di qualsiasi orientamento”.
La reazione dell’opposizione
“La richiesta, nel primo caso – spiegano tutti i consiglieri di minoranza che appoggiavano la collega Guarda – era di aderire al coordinamento “Ready” composto da alcune Regioni, Province e Comuni che dal 2006 offrono alle pubbliche amministrazioni locali uno spazio di condivisione e interscambio di buone prassi finalizzate alla tutela dei Diritti Umani delle persone LGBT e alla promozione di una cultura sociale del rispetto e della valorizzazione delle differenze. In Veneto alcuni Comuni hanno già aderito alla Rete Ready: dopo Vicenza, Belluno, Padova, Feltre, Schio e Chioggia, nell’ottobre 2022 anche Verona si è unita infatti al coordinamento anti-discriminazioni”.
“Bocciata anche la mozione per dare sostegno all’onda Pride in Veneto – continuano gli esponenti dell’opposizione – con la partecipazione in veste ufficiale della Regione del Veneto alle manifestazioni che si terranno nelle città venete. Chiedevamo anche di illuminare con i colori arcobaleno la facciata di Palazzo Balbi per tutto il mese di giugno, il mese del Pride, per dare un forte segnale di inclusività e lotta alle disuguaglianze. Un modo concreto per la Regione per promuovere una società più giusta e inclusiva ed è un peccato che le parole di Zaia, che di recente ha invocato un’apertura della Lega sui diritti civili, restino ancora una volta lettera morta. Sono invece del tutto inaccettabili le parole pronunciate in Aula da alcuni consiglieri di maggioranza, come la tesi che sarebbe la nostra mozione a discriminare e, in particolare, a discriminare le famiglie con figli. Oppure che il Pride sarebbe una manifestazione dove le persone simulano atti sessuali di fronte ai bambini. Sono parole che anche oggi fanno vedere un Consiglio regionale che ha il sapore del medioevo e che continua a non riconoscere la comunità LGBTQ+ residente in Veneto, ma anzi a schernirla come se fosse un carnevale”.
M5Stelle: ” Siamo ben oltre il Medioevo”
“La maggioranza di Zaia ha bocciato la Mozione ‘Veneto Pride’, sottoscritta da tutta l’opposizione, per dare sostegno alle manifestazioni dell’orgoglio LGBTQ+ come già fanno altre regioni come Toscana e Umbria, governata dal Centrodestra. Peggio ancora, il voto contrario è arrivato dopo un dibattito offensivo nei confronti delle comunità LGBTQ+”. Commenta Erika Baldin, Capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale. “È vergognoso che nel dibattito in un’aula istituzionale, un consigliere regionale di Fratelli d’Italia parli di persone omosessuali travestite da cani, allo scopo di sbeffeggiare le manifestazioni del Pride, e che faccia dell’ironia su un atto di indirizzo politico firmato da tutta l’opposizione, proponendo che i componenti della Giunta Zaia partecipino ai cortei nelle vesti di drag queen – sottolinea l’esponente pentastellata – Abbiamo assistito a uno spettacolo vergognoso e pieno di violenza verbale, che stride con le comparsate televisive del Presidente Zaia, quando invoca aperture sui diritti civili da parte della Lega. Tra le parole di Zaia e i comportamenti della sua maggioranza c’è una distanza siderale, siamo ben oltre il Medioevo”.