«La Lega predica federalismo, ma poi non lo realizza». Ad affermarlo è Roberto Formigoni che, ospite di Perfidia, confessa ad Antonella Grippo un retroscena inedito destinato a far discutere. L’ex presidente della Regione Lombardia risponde all’invito della giornalista di Sapri che rispetto all’Autonomia differenziata parla di «scorrimento orizzontale dei poteri». Ma Formigoni decide di raccontare cosa accadde anni or sono a proposito del federalismo: «La prima Regione a chiedere di poter gestire in proprio alcune materie fu la Lombardia di cui io ero presidente. Chiedemmo con un voto in Consiglio regionale di poter gestire dodici materie perché ritenevamo di poter fare meglio dello Stato, anche sui costi».
Il Consiglio approvò a larghissima maggioranza e fu avviata la trattativa con l’allora presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi. Quindi un governo di centrosinistra. «Ci incontrammo diverse volte – continua l’ex numero uno lombardo – coinvolgendo anche il ministro per gli Affari regionali. Poi il Governo Prodi cadde e si andò alle elezioni. Fu eletto un governo di centrodestra con Berlusconi e ben quattro ministri della Lega. Io mi aspettavo che le trattative sarebbero andate velocissime perché fare il federalismo differenziato era uno dei cavalli di battaglia della Lega. Con mia grande sorpresa invece il governo tergiversava. Io chiesi che ci fosse una riunione ad Arcore con tutti i ministri della Lega per chiarire la questione. Ma anche lì la cosa non si schiodò. Bossi che è un gentiluomo, mi prese sottobraccio e mi disse “Roberto sono i miei ministri leghisti che non vogliono che sia tu a portare il federalismo in Lombardia” e questa presunzione dei ministri leghisti – sottolinea Formigoni – fa si che la Lombardia a distanza di quindici anni non abbia ancora il federalismo
Formigoni: «Autonomia è una possibilità, non un obbligo»
Così Formigoni dà la sua versione di Autonomia differenziata, rammentando che la questione fu introdotta in Costituzione nel 2001, votato esclusivamente delle sinistre visto che il centrodestra non partecipò a quel voto. L’ex presidente della Regione Lombardia sottolinea anche che l’Autonomia differenziata si sostanzia in «una possibilità» contemplata oggi nella Carta: «Viene data alle singole regioni la possibilità di chiedere allo Stato la gestione diretta di alcune materie. Ho detto possibilità – ribadisce – perché la singola regione ha la possibilità di chiedere di avere autonomia differenziata oppure di non chiedere di avere autonomia differenziata.
Quindi se la Regione desidera che le cose procedano come sono procedute fino adesso, con quelle materie, per esempio la scuola gestita dallo Stato che chiama gli insegnanti, che paga gli insegnanti, che stabilisce programmi eccetera, che si fa carico delle strutture degli edifici scolastici, eccetera eccetera eccetera… la singola Regione non si muove e non chiede nulla e nulla le sarà dato e nulla le sarà tolto. Se invece una Regione ritiene di saper gestire meglio dello Stato quella materia, la singola regione fa questa richiesta allo Stato. Lo Stato dovrà calcolare il costo di queste materie e corrispondere alla Regione, al termine dell’accordo raggiunto, tutte le risorse necessarie per la gestione di quella materia. La Costituzione – aggiunge Formigoni – stabilisce anche le modalità del cammino. Cioè non è che il ministro in carica oggi, per la realizzazione dell’Autonomia differenziata ha una sua via».
Di Natale: «La matrice rimane leghista»
Per Graziano Di Natale, ospite in studio, quanto detto dall’ex presidente della Regione Lombardia «non è condivisibile». La matrice del provvedimento è e rimane per lui leghista e quindi, «non mi stupisco del suo parere favorevole. Non dobbiamo andare lontano rispetto ai nostri drammi. Pensiamo alla sanità e alla differenza con il nord», dice il dirigente dem che non vorrebbe essere nei panni di Roberto Occhiuto.
Anche Speziali mostra di avere alcune remore: «Quelli che si lamentano dell’emigrazione sanitaria sono dello stesso partito in cui c’è il presidente della Regione che è Commissario e lui stesso (Giuseppe Mangialavori, ndr) che è nella Commissione Bilancio. Come se fossero Biancaneve e Cenerentola. Non mi pare che funzioni così».