Un’indagine, condotta da Smart Land srl, per conto di Confartigianato Veneto con l’obiettivo di capire quante e quali sono le unità immobiliari pubbliche inutilizzate.
I dati sono stati rilevati con un’analisi georeferenziata provincia per provincia. Per quanto riguarda l’area vicentina si rileva un’incidenza (pari merito con Rovigo) più elevata di patrimonio inutilizzato (14%) sul totale del patrimonio provinciale. Ben 1.163 (pari al 24% di quelle regionali) le unità immobiliari ‘ferme’ di cui 964 sono inutilizzate sebbene utilizzabili, mentre 199 (ovvero il 17%) sono ‘demolibili’. In termini di mq si parla così di 292.400mq ‘abbandonati’ di cui 213.091 inutilizzati sebbene utilizzabili e il restante (79.309mq, pari al 27%) inutilizzato e inutilizzabile. In linea con i dati regionali l’incidenza delle superfici degli edifici inutilizzati su totale Veneto che si assesta al 5%. In pratica: nella provincia di Vicenza in ogni Comune ci sono 10 fabbricati lasciati a sè stessi, che in termini di superfici vuol dire 1.163mq inutilizzati per Comune; con il 79% dei Comuni berici che hanno almeno un fabbricato inutilizzato.
La maggior parte degli edifici inutilizzati è di proprietà Comunale (156.197 mq ovvero il 40% dei fabbricati, il 53% delle superfici), quanto alla destinazione d’uso dell’inutilizzato sul podio ci sono immobili residenziali (56.800mq pari al 19% del totale), uffici (55.546mq pari al 19%) ed edifici scolastici (49.581mq corrispondenti al 17%). Ben il 39% degli immobili inutilizzati (115.232) risalgono a prima del 1919, il 14% (41.066) sono stati realizzati tra il 1919 e il 1945, e il 16% (46.355) sono stati costruiti tra il 1961 e il 1970.
Scendendo nel dettaglio dei comuni, ed escludendo gli immobili con superfice inferiore ai 100mq, spicca ovviamente Vicenza con 590 fabbricati inutilizzati (51% del totale provinciale, 18% del totale comunale). Ma è nelle realtà più piccole che le incidenze, a fronte di piccoli numeri, sono maggiori. Così a Valli del Pasubio sono 22 gli edifici ‘abbandonati’ pari al 2% provinciale ma al 49% di quelli comunali; analogamente a Posina i 16 edifici pubblici non utilizzati rappresentano l’1% provinciale ma il 48% a livello comunale; terzo posto per Zanè con 15 fabbricati non utilizzati pari all’1% provinciale e 33% comunale. Tra i Comuni più corposi Montecchio Maggiore conta 31 edifici non utilizzati ovvero il 3% a livello provinciale ma che rappresentano il 20% a livello comunale. Fanno meglio Bassano del Grappa con 29 fabbricati non utilizzati (2% provinciale) pari al 4% a livello comunale, e Schio con 24 edifici non utilizzati (2% provinciale) ossia il 5% del totale comunale.
“Quello dei fabbricati pubblici senza alcuna destinazione è un vero e proprio patrimonio, qualche volta anche di valore storico, abbandonato e spesso pericolante che andrebbe recuperato o destinato alla comunità per un utilizzo diretto o indiretto. Lasciando questi edifici a sé stessi non è che non ci siano costi, anzi spesso gravano sui bilanci comunali per la loro ‘messa in sicurezza’ – commenta il presidente di Confartigianato Vicenza, Gianluca Cavion-. Da qui l’indagine condotta. Ne emerge chiaramente che i benefici generati da un sistematico e programmato intervento sugli edifici pubblici attualmente non utilizzati sono almeno tre: ambientali, sociali ed economici. Quanto a quelli ambientali, al beneficio di interventi di efficientamento energetico e quindi alla quantità di kg di C02 risparmiati si sommerebbe quello del ‘risparmio del suolo’, sappiamo infatti che il Veneto è uno dei territori più ‘cementificati’, non andando a edificare nuovi spazi o ‘bonificando’ aree ora occupate da ruderi. Evidenti poi i benefici sociali: nuovi spazi dedicati alla comunità, rafforzamento della stessa con ricadute in termini di riduzione dello spopolamento, soprattutto in alcune aree, maggior sicurezza ‘sociale’, e un certo abbellimento e decoro del contesto urbano.”
Sul terzo aspetto, ovvero i benefici economici che deriverebbero dal recupero del patrimonio pubblico inutilizzato, le maestranze artigiane del settore edilizia, e sistema casa in generale, ne sarebbero direttamente coinvolte.
“Quello economico è un beneficio che riassume e amplia gli altre due. Che si tratti di demolizioni, rinaturalizzazione, ricostruzione, restauro conservativo, ristrutturazione, adeguamenti (di impianti, serramenti…), interventi di efficientamento, oltre ai vantaggi sopra evidenziati, si aggiungerebbe quello di attivare tutta la filiera del settore costruzioni. Interventi e lavori che possono essere realizzati dalle imprese del comparto edile del territorio, utilizzando le possibilità offerte dal legislatore in questo senso, e quindi sostenendo l’economia locale. A livello regionale parliamo, per gli interventi sopraccitati, di benefici economici per 1,7miliardi di euro, senza dimenticare che un edificio bello ed efficiente energeticamente rappresenta un capitale investito anche l’ente cui appartiene”. Aggiunge Cavion: “A fronte del progressivo esaurimento del Superbonus 110% che nel Veneto ha toccato numeri davvero importanti, investire nel patrimonio pubblico sarebbe un volano per l’edilizia. Ma anche in questo settore dobbiamo ‘recuperare’ i giovani: molte figure che operano nei cantieri si avviano verso il pensionamento e trovare ragazzi che li sostituiscano non è facile. Far capire alle giovani generazioni che il settore oggi richiede competenze, si pensi solo a quelle legate all’efficientamento energetico o al restauro, di alto profilo è una sfida a cui tutti siamo chiamati”.