Conoscere i vini resistenti, conoscere chi e perché li produce. In un momento non facile per l’economia italiana, fatta di rincari e bollette alle stelle, c’è chi prova a proporre qualcosa di nuovo e far interessare gli addetti ai lavori e non un mondo poco noto ai più. Lo scorso fine settimana L’Enoteca Sant’Eusebio dell’Hotel Alla Corte di Bassano del Grappa e la rete d’impresa Nicola Biasi hanno organizzato all’interno dell’albergo una due giorni dedicata ai vini Piwi, prodotti resistenti frutto di varietà ottenute da ibridazioni naturali tra Vitis Vinifera con una piccola parte di altre Vitis. Il nome per esteso sta per pilzwiderstandfähige che, tradotto dal tedesco, significa resistente ai funghi e indica i vigneti ibridi. Presenti tredici produttori, tra cui il vicentino Massimo Vallotto di Romano d’Ezzelino, che hanno proposto una varietà di venti vini Piwi. Tra un assaggio e l’altro, ne è uscito uno spaccato tutto da raccontare, perché proprio a Romano d’Ezzelino, c’è la più grande cantina d’Europa con soli vitigni resistenti, messa in atto proprio da Vallotto, la moglie Maria Pia Viaro e l’enologo Nicola Biasi.
«Intanto è una scelta per l’ambiente spiega Vallotto – perché siamo sempre stati sensibili a questo tema. Tutto è nato nel 2015, quando abbiamo acquistato la prima porzione di Ca’ da Roman. Ci siamo guardati attorno e abbiamo individuato nei vini Piwi la possibilità di rispettare ciò che ci circonda». Si tratta di 6 ettari di vitigni, dove si producono Souvignier Gris, Bronner, Cabernet Cortis e Prior, con una cantina dedicata. Il Souvignier Gris è un po’ il fiore all’occhiello dell’azienda, il prodotto principale. Come inizio, nel 2020 sono state realizzate 10 mila bottiglie, l’anno successivo si è passati da 21 mila nel 2022 quasi 50 mila. Quando si sarà a regime, nel giro di un biennio, si andrà sulle 60-70 mila bottiglie, un buon numero per una produzione di nicchia. «È stata una funzionaria di Piwi International – continua Vallotto – a dirci di essere la più grande d’Europa vedendo il progetto sul nascere. È vero, 6 ettari sono pochi rispetto a chi ne ha centinaia ma sembra che siamo gli unici ad aver fatto una scelta del genere». Oltre alla produzione, Vallotto e la moglie stanno sviluppando un’area dedicata all’accoglienza e ristorante gourmet nel complesso alberghiero Hotel Ca’ Apollonio (lo chef sarà lo stellato asiaghese Alessio Longhini), mentre in cantina ci sarà quanto richiede l’enoturismo, con una moderna frasca. «Ormai siamo a sette anni della nostra storia – spiega Vallotto parlando della scelta di aprire un ristorante nel mezzo di una crisi – e nel 2015 c’era un altro mondo. Poi sono successe cose inimmaginabili, come la pandemia, la guerra, i rincari sulle materie prime e sull’energia. Se si fosse razionali, si direbbe “di salvare il salvabile”. Invece non è nel nostro animo: siamo ottimi e pensiamo che la qualità troveranno sempre spazio. Ci rivolgiamo a un target alto, siamo ambiziosi, vogliamo garantire e, soprattutto, dignità». E il nuovo progetto parte dall’esperienza e dal talento di Alessio Longhini: dopo oltre otto anni ha lasciato l’Altopiano dei Sette Comuni, dove si è guadagnato una Stella Michelin per il Ristorante la Stube Gourmet dell’Hotel Europa, proprio per andare a Romano d’Ezzelino. «Tra fine ottobre e inizio novembre – anticipa lo chef – aprirà il bistrot, con una cucina basata sui prodotti del nostro orto. In secondo momento, toccherà al ristorante gourmet e, a inizio 2023, apriranno le stanze. Siamo tutti molto contenti e non vediamo l’ora di partire».
A.R.